Il ” guerriero di ju jitsu ” di MARIO CACCIOLA
Il Ju- Jitsu
Il jujutsu è un’arte marziale giapponese il cui nome deriva da ju (“flessibile”, “cedevole”, “morbido”) e jutsu (“arte”, “tecnica”, “pratica”). Il ju-jutsu era praticato dai bushi (guerrieri), che se ne servivano per giungere all’annientamento fisico dei propri avversari, provocandone anche la morte, a mani nude o con armi.
Il jujutsu è un’arte di difesa personale che basa i suoi principi sulle radici del nome originale giapponese: Hey yo shin kore do, ovvero “Il morbido vince il duro”. In molte arti marziali, oltre all’equilibrio del corpo, conta molto anche la forza di cui si dispone. Nel jujitsu, invece, la forza della quale si necessita proviene proprio dall’avversario. Più si cerca di colpire forte, maggiore sarà la forza che si ritorcerà contro. Il principio, quindi, sta nell’applicare una determinata tecnica proprio nell’ultimo istante dell’attacco subito, con morbidezza e cedevolezza, in modo che l’avversario non si accorga di una difesa e trovi, davanti a sé, il vuoto.
Il Fighting System è un combattimento che si svolge sul Tatami tra due atleti che indossano solamente il judogi, protezioni paratibia e, per facilitare tutte le fasi del combattimento, protezioni alle mani sottili ed aperte, in modo da effettuare al meglio le prese sia nella lotta in piedi che in quella a terra. All’inizio del combattimento, gli atleti si affrontano con atemi (colpi a distanza di calcio o pugno) in quella che viene definita Prima Fase, sino a quando uno dei due atleti effettua una presa sul judogi dell’avversario passando alla Seconda Fase. Una volta che un atleta sceglie e riesce ad afferrare il suo avversario è vietato sferrare alcun colpo, fin tanto che persiste una qualsiasi presa. Nella Seconda Fase l’obiettivo di ciascun atleta diventa effettuare una proiezione dell’avversario utilizzando tecniche opportune (Nage-Waza). Una volta che uno dei due contendenti ha effettuato una proiezione dell’avversario o entrambi finiscono a terra, il combattimento continua nella Terza Fase in cui l’obiettivo è immobilizzare l’avversario al suolo (osae-komi) o costringerlo alla resa tramite leve (kansezu-waza) o strangolamento (shime-waza).
Ogni azione è valutata da ben tre arbitri, che giudicano ed assegnano 2 punti (Ippon) o un punto (Wazari) a seconda dell’esecuzione, del risultato e della reazione dell’avversario. I punti assegnati durante il combattimento vengono sommati al termine dell’incontro per designare il vincitore. Il combattimento dura 3 minuti e viene interrotto solo se necessario: ciò permette a questo sport di mantenere un ritmo altissimo durante i combattimenti, conferendogli grande spettacolarità e obbligando gli atleti ad avere un’approfondita preparazione non solo tecnica, ma anche atletica.
La vittoria viene assegnata all’atleta che ha conseguito il miglior punteggio allo scadere del tempo oppure per superiorità tecnica di uno dei due atleti, ovvero colui che riesca ad ottenere almeno un Ippon sia in Prima che in Seconda che in Terza Fase (Full-Ippon), infliggendo all’avversario una tecnica perfetta sia nel combattimento a distanza, sia in quello corpo a corpo e sia in quello a terra. In questa circostanza l’atleta avrà dimostrato di essere superiore tecnicamente al proprio avversario in ogni situazione, obbiettivo massimo del JuJitsu: pertanto avrà vinto prima del termine. Questa regola anima particolarmente le sfide, conferendo a questo sport ancora maggior studio della tattica di gara.
Nel combattimento a distanza gli atleti sono vincolati a rispettare un controllo dei colpi. Questa regola permette agli atleti di esprimere al meglio le loro capacità tecniche nella lotta, senza contaminarla con colpi che andrebbero a limitare l’aspetto tecnico di questa fase. Nelle altre fasi è vietato l’uso dei colpi e gli atleti devono utilizzare tutta la loro arte di lottatori per sottomettere l’avversario.
L’Italia vanta diversi risultati di rilievo in ambito internazionale, anche considerando che all’estero gli atleti di maggior spicco sono professionisti.
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