VITTORIO D’ANTONE ospite di MANLIO GRIMALDI a SESTA ORA nella puntata del martedì 5 marzo 2013
La puntata del martedì 5 marzo 2013 si preannuncia per me fantastica e densa di emozioni sin dal primo momento in cui metto piede negli studi televisivi di SESTA RETE quando già di buon ora l’ospite odierno era già arrivato ed assieme agli uomini della regia aveva provveduto ad allestire uno studio come mai era avvenuto in nessuna precedente puntata . In bella mostra su un drappo rosso disteso su tavolino c’erano esemplari bellissimi di macchine fotografiche di varie epoche storiche proprio a sottolinearne la progressiva -continua e inarrestabile evolutivita’. L’ospite odierno corrisponde al nome di VITTORIO D’ANTONE , per me prima di tutto un caro amico e grande professionista ed assieme a lui abbiamo pensato ad una puntata incentrata sulla storia della fotografia ( e mai settimane intere di trasmissione di Sesta Ora a questo argomento potrebbero bastare per essere totalmente esaustivi ). Volutamente ho omesso di accennare ad un suo curriculum che avrebbe rischiato di occupare per intero la puntata odierna , salvo nel finale menzionare PHOTO VIDEO SERVICE di D’ANTONE VITTORIO& SERGIO IVAN , con sede in San Giovanni la Punta ( CT ) via G. Leopardi 67 / d , vero quartier generale. Ora a bocce ferme , prima di entrare nel vivo dell’argomento trattato in trasmissione , vorrei spendere qualche parola su questo giovanotto , VITTORIO D’ANTONE appunto , classe ’40 , che dal lontano 1970 opera nell’ambito fotografico e cinematografico, interessandosi di fotografia e cinematografia pubblicitaria avendo come clienti testate giornalistiche nazionali. Dal 1980 al 1990 è stato il fotografo ufficiale del Teatro Massimo Bellini di Catania, incaricato appunto di documentare tutte le manifestazioni liriche. Si è interessato attivamente allo sviluppo ed alla crescita della televisione locale presso l’emittente locale Telecolor prima e Antenna Sicilia dopo. Tantissimi i documentari realizzati e fra i tanti voglio ricordare “Bellini 150° Anniversario della morte”, cosi’ come l’aver curato la fotografia dei film “S. Barbara” – “Storie per vivere” e ” A che punto è la notte” ; dal 1989 al 1994 è stato direttore della fotografia del Festival della canzone Siciliana.
Leggo sempre dal curriculum che VITTORIO D’ANTONE è stato scelto dal Museo Belliniano di Catania come fotografo esperto in tecnologie digitali per fotografare tutto l’archivio museale Belliniano e successivamente dalla ENEA ( Ente Nazionale sviluppo Energia Ambiente ) per la realizzazione di un catalogo elettronico sull’Artigianato della ceramica di Caltagirone. Nell’interessarsi di fotografia aerea pubblicitaria e industriale vanta come clienti ST Microelectronics- Quotidiano La Sicilia – Fiat filiale di Catania – Industria IDB ( Condorelli ) – rivista Ville e Casali – Agip spa – Abate Superstore – Ferrovia Circumetnea – Aligrup ” Le Zagare” – Despar – Auchan etc etc. , giusto a ricordarne qualcuno.
Inoltre avendo creato una casa di produzione video e cinematografica si interessa a tutt’oggi assieme ai figli e a collaboratori interni ed esterni per la produzione e post-produzione di servizi cinematografici e televisivi con studi propri su 220 mq attrezzati per l’audio e il video con sistemi tecnologicamente avanzati .
Ora fatta la doverosa premessa , come non aspettarci una puntata al fulmicotone con me stesso conduttore a pendere dalle labbra dell’ospite nel seguirlo nella lunga disamina della storia della fotografia , durante una puntata che e’ scivolata via in un augenblick (batter di ciglia).
E si è partiti veramente da lontano nel tempo , ricordando che la parola fotografia deriva dal greco antico ed e’ composta da due termini phos ( luce ) e graphè ( scrittura o disegno) ; quindi scrittura eseguita con la luce. L’uomo ha da sempre avuto il desiderio di riprodurre la realta’ attraverso le immagini , addirittura gia’ dalla preistoria nella Grotta delle Mani in Patagonia , dove ci troviamo di fronte ad un primo tentativo di riproduzione di una immagine in maniera quasi automatica , oltre alla interazione tra il soggetto ritratto ( in questo caso le mani ) e il supporto ( dove appunto venivano posate le mani ). Si suppone addirittura che l’uomo primitivo potè osservare il fenomeno ottico della luce che , passando attraverso un piccolo foro sulle pelli che coprivano l’uscio della sua caverna , restituiva sul fondo della parete l’immagine posta al di fuori della caverna stessa. Era un po’ il principio della camera oscura , parlando di “luogo di raccolta” o ” stanza del tesoro sotto chiave ” a proposito di una immagine capovolta formata dai raggi del sole passati attraverso il foro di una stanza buia.
Oltre ad Aristotele , anche Leonardo da Vinci utilizzò il principio della camera oscura per spiegare diversi fenomeni ottici di base , come per esempio l’inversione da destra a sinistra delle immagini del campo visivo ( è poi il cervello che le raddrizza ); la camera oscura come simulazione delle funzioni di base del processo visivo ( l’apertura della camera oscura e’ analoga all’apertura della pupilla). Grazie a tutto cio’ la stessa camera oscura potè essere utilizzata per la pittura : si potevano copiare paesaggi fedelmente proiettati ( anche se capovolti ) su di un foglio appositamente appeso.
Man mano nel tempo si comincio’ ad inserire una lente convessa per concentrare la luce ed aumentare la luminosita’, poi uno specchio concavo per raddrizzare l’immagine : di fatto stava nascendo il concetto che sta alla base delle moderne reflex ( che è appunto il sistema che consente di proiettare l’immagine dall’obiettivo su un vetro smerigliato , dove e’ visibile direttamente oppure attraverso il mirino).
VITTORIO D’ANTONE ci presenta ad un certo punto la prima foto al mondo “Vue de la fenetre du domaine du Gras ” , datata 1826 o 1827 realizzata da Niepce e si tratta della ripresa di un paesaggio che impressionò una lastra dopo l’esposizione di otto ore.
Tal Talbot realizzò il primo negativo della storia e lui spiego’ che era possibile ottenere una immagine positiva da una negativa; questo processo chiamato calotipia ( dal greco kalos – topos bella -stampa ) a differenza della dagherrotipia permetteva di produrre più copie di un’immagine utilizzando il negativo. La riproducibilità delle immagini rendeva il prodotto meno prezioso rispetto al dagherrotipo , cioè unico.
Nel 1839 nasce ufficialmente la fotografia , il 7 gennaio per la precisione, e inizia ad essere parte della storia del mondo e forse i suoi padri fondatori ( Niepce – Daguerre – Talbot ) mai avrebbero immaginato che la fotografia sarebbe stato uno degli strumenti piu’ importanti per raccontare la storia del mondo. Ora tocca pensare alla macchina fotografica. La fotocamera per la dagherrotipia era composta da due scatole di legno che scorrono una dentro l’altra per consentire la messa a fuoco, una fessura per la lastra di rame sul retro e frontalmente un obiettivo fisso , in vetro e ottone. Va sottolineata l’abilita’ commerciale di Daguerre che protegge con un brevetto il suo apparecchio fotografico , ogni esemplare viene autenticato e porta su un lato la dicitura ” Il dagherrotipo”. La fotografia comincia a dilagare e tutti coloro che potevano permettersi l’acquisto di un apparecchio fotografico cominciavano a riprendere con gioia ogni cosa , anche la più insignificante , emozionandosi per il risultato ottenuto.
Il dagherrotipo aveva comunque vita breve : esemplare unico di una immagine , prodotto direttamente su lastra e quindi non riproducibile che a seconda dell’angolo con cui viene visualizzato appare in positivo o in negativo e che , soprattutto , mostra l’immagine con l’inversione destra – sinistra.
Quindi con serenita’ possiamo affermare che e’ Daguerre il trionfatore assoluto e puo’ essere considerato da tutti il padre della fotografia; poco importa se dopo quindici anni il suo metodo sarebbe stato soppiantato da quello messo , come detto , a frutto da Talbot e sul quale si basa , ancora oggi, la fotografia come la intendiamo, ovvero il metodo per ottenere una matrice riproducibile infinite volte. Il 1839 è l’anno di Daguerre e del dagherrotipo.
La prima fotografia non era per tutti , si trattava di ritratti di paesaggi , ritratti della borghesia , primi reportage di guerra ma man mano nei lustri a venire vengono compiuti importanti passi verso la massificazione della fotografia.
Man mano giunge anche il momento della fotografia in movimento e tutto cio’ grazie al fotografo Muybridge che con successo fotografa ( e VITTORIO D’ANTONE ce ne da testimonianza grazie alle immagini che lui stesso ha preparato e che la regia manda in onda ) un cavallo in corsa utilizzando 24 apparecchi fotografici , sistemati parallelamente lungo il tracciato e messi in azione singolarmente da un filo colpito dagli zoccoli del cavallo. La sequenza di fotografie “The horse in motion” mostra come gli zoccoli si sollevino dal terreno contemporaneamente ma non nella posizione di completa estensione come in realta’ si pensava e come era comunemente raffigurato nella pittura; questa scoperta convinse i pittori ad utilizzare sempre più la fotografia a supporto della propria attività al fine di riprodurre con maggiore precisione la realta’. La pittura era tutt’altro che morta.
Nel 1888 grande svolta nel mondo della fotografia con la nascita della Kodak ( nome breve , vigoroso , facile da pronunciare e che non significa nulla) che con la realizzazione della prima Box Kodak dava il via al mercato fotografico come lo intendiamo ancora oggi. Il celebre slogan “you press the botton, we do the rest ” ( Voi schiacciate il bottone , noi facciamo il resto ) prometteva una grande semplificazione : l’apparecchio veniva venduto con una pellicola flessibile per cento pose , esauriti gli scatti l’intero apparecchio veniva spedito alla Eastman Kodak ( dal nome dell’inventore Kodak ) ed avveniva il famoso “the rest” e cioe’ trattamento del negativo – stampa copie e ricaricamento con pellicola vergine .
E si continua a galoppare nel progresso ed ecco che assistiamo alla costruzione della piu’ grande macchina fotografica di tutti i tempi : sette quintali , montata su un vagone ferroviario, impressionava una lastra di 225 kg che richiedeva quaranta litri di soluzione per essere sviluppata e servì per fotografare un treno della compagnia ferroviaria americana.
Nel 1907 i fratelli Lumiere presentano l’autocromia ovvero un procedimento di fotografia a colori basato sulla sintesi additiva. Cominciano a prodursi la Olympus , la Pentax , la Carl Zeiss , la Leica , la Contax , gli obiettivi Nikkor , la Nikon , la Canon fino ad arrivare ai giorni d’oggi quando la fotografia diventa imaging .
Il mercato fotografico corre velocemente ma tutte le trasformazioni tecnologiche ed innovative non hanno mai modificato il senso della fotografia che era , e’ e sara’ sempre il modo di raccontare con immagini la realta’ esistente.
Ma al di la’ di tutto e di cio’ che la fotografia puo’ suscitare , è determinante che chi fotografa, a prescindere dallo strumento utilizzato, abbia ben chiaro cosa vuole comunicare ; fare cento scatti pensando di cogliere il momento che si vuole immortalare è molto diverso che farne uno solo esattamente a quel momento che si vuole fermare per sempre. Per questo , per fare una fotografia non basta avere una fotocamera, seppur altamente evoluta e capace di scattare quasi da sola; bisogna avere chiaro che lo strumento non sostituisce il cuore, l’anima , il progetto del fotografo. Non sostituisce in pratica il fotografo ma semplicemente lo aiuta a comunicare al mondo la sua personale visione della realta’. E per fare cio’ chi fotografa deve solo “prendere la luce” e usarla come inchiostro. E non importa che il foglio di carta su cui si scrive sia un supporto elettronico od analogico o che la “penna con cui scrivere” sia una reflex digitale o una compatta a pellicola. Cio’ che conta e’ che la fotografia, dai tempi di Daguerre ad oggi altro non e’ che il mezzo attraverso cui “la natura si fa di sè medesima pittrice”.
Tutto cambia per restare sempre uguale.
Queste le emozioni che VITTORIO D’ANTONE con il suo intervento ci ha trasmesso , e lo ha fatto raccontandoci in breve il mondo della fotografia dalla sua nascita in poi li’ dove non sarebbero bastate non so quante puntate di Sesta Ora a lui soltanto dedicate, lo ha fatto portando in studio un contributo di immagini fotografiche particolarissime a testimonianza dei tanti esperimenti effettuati , lo ha fatto mostrandoci parte della sua ricchissima collezione di macchine fotografiche a tutt’oggi funzionanti, lo ha fatto mostrandoci una delle antiche lastre fotografiche ( lastre intese in quanto vero e proprio vetro ) che servivano da negativo per poi provvedere alla realizzazione del positivo e quindi alla sua riproducibilita’ , lo ha fatto mostrandoci uno dei primi supporti digitali ( la Mavica che utilizzava un floppy disk 1.4 su cui era possibile immagazzinare 50 foto e rivederle al televisore, senza possibilita’ di stampa ) , lo ha fatto raccontandoci quando piccolino all’eta di 8 anni comincio’ ad incuriosirsi sul perche’ la sua pupilla si allargava o stringeva in funzione della luce incidente sul suo occhio e lui osservava tutto guardandosi allo specchio, lo ha fatto ancora grazie al suo racconto di quando gli fu regalata una pellicola e lui pretendeva di poter proiettare l’immagine su di un muro mettendo davanti alla pellicola una candela ( con peraltro il rischio dell’alta infiammabilita’ ). Infine VITTORIO lo ha fatto con il suo sorriso e la sua simpatia mettendo la sua professionalita’ a disposizione dell’intero staff di Sesta Rete e dei telespettatori che hanno seguito con interesse la puntata odierna.
Altro momento legato alla fotografia è il settimanale appuntamento con MARIO CACCIOLA e la sua rubrica e l’argomento odierno e’
i “Quattro Candelabri” di Piazza Università.
Fino al 1804 Catania era una città priva di illuminazione pubblica, in quell’anno una ordinanza municipale impose ai proprietari di grandi case di mettere davanti al portone un fanale e agli esercenti di osterie di mettere davanti l’uscio una lanterna. Per dare il buono esempio il comune mise per primo un fanale all’ingresso principale del palazzo degli Elefanti in piazza Duomo.
Nasce cosi un nuovo mestiere “il lampionaio”, col berretto a visiera e nelle serate fredde imbacuccato in uno scialle tenendo con la destra una lunga asta di legno andava in giro dal tramonto del sole per accendere i lampioni alle prime luci dell’alba per spegnerle.
Negli anni cinquanta piazza Università viene arredata da quattro candelabri in bronzo allocati nei quattro angoli della piazza e ognuno rappresentava una leggenda della storia di Catania.
Nella puntata odierna si è posta l’attenzione su
I fratelli pii
Il fatto leggendario cantato per primo da Stesicoro rese celebre Catania nel VII secolo a.C. La leggenda racconta di due fratelli catanesi Anfinomo e Anapia sprezzanti del pericolo riescono ad entrare nella casupola circondata dalla lava dove abitavono i loro genitori entrambi paralitici e li salvarono carcandoseli sulle spalle.
Paladino Uzeta
Il paladino Uzeta è una favola romantica ambientata all’età feudale scritta nei primi del novecento.
Racconta che un paladino dalla armatura nera, figlio di povera gente diviene cavaliere per il suo valore . Il paladino uccide i suoi nemici tra cui i giganti Ursini e per questa gesta gloriosa sposa la figlia del Re.
Questo leggendario personaggio non ha nulla a che fare col duca Pacico de Uzeta il cui nome è legato alla porta Uzeta.
Facebook comments:
Lascia un Commento
Occorre aver fatto il login per inviare un commento