Il termine inglese selfie letteralmente sta ad indicare l’autoritratto eseguito a mezzo di un telefono cellulare o da una fotocamera digitale, etc.Le immagini sono eseguite a mezzo fotocamera tenuta abitualmente a braccio ben esteso, allo specchio o tramite autoscatto. Un selfie serve a mostrare lo stesso fotografo oppure il fotografo e una o più persone ed allora parliamo di gruppo selfie ma non sempre viene messo in evidenza il  proprio viso ma parti di esso o del proprio corpo. Poi le immagini vanno rigorosamente pubblicate e rese di dominio pubblico. Ogni luogo, casalingo o meno, è buono per le nostre pose solitarie ed eccoci immortalati in locali pubblici, palestre, bagni e camere da letto. Non commettiamo errori nel definirlo autocompiacimento ed ecco che ci sbizzarriamo in  espressioni quanto mai disparate, vuoi accattivanti, spiritose  etc, con in parecchi casi una notevole ridicolaggine.

Certo che per chi esagera, come in ogni cosa, il selfie  può diventare vera e propria malattia, da far rientrare nelle patologie di natura mentale  e scherzandoci su potrebbe, dal punto di vista medico, definirsi selfite.
Alcuni specialisti di settore  parlano di  vuoto esistenziale, di insicurezze che molti cercano di camuffare e colmare con questi continui scatti per ottenere attenzione, mostrarsi e far vedere di esserci, nel bene o nel male.

Catania, 13 aprile 2014

Michael Grimaldi per Sport Enjoy Project Magazine

( fonte foto google immagini alla voce repubblica.it )