Dov’è finita la bandiera?

Bulgarelli, Riva, Mazzola e Rivera. Simboli di un calcio che non c’è più.

Giacomo Bulgarelli ha indossato nei suoi sedici anni di onorata carriera italiana solo una maglia, quella del Bologna.

Dire Gigi Riva significa ancor oggi dire Cagliari e per tutti Sandro Mazzola ha rappresentato una bandiera dell’Inter e con lui Giacinto Facchetti.

Nella sua storia ultracentenaria il Milan ha avuto in squadra un cospicuo numero di campioni, ma mai nessuno come lui: Gianni Rivera, primo calciatore italiano a vincere il Pallone d’oro (1969) e, secondo un’autorevole rivista inglese, miglior calciatore italiano del XX secolo.

Dopo l’esordio con la maglia grigia dell’Alessandria, Gianni Rivera, per circa vent’anni, ha vestito solo i colori rossoneri e del Milan, per un breve periodo, è stato anche presidente.

Bulgarelli, Riva, Mazzola e Rivera rappresentano soltanto gli esempi più famosi, ma nei quarant’anni di calcio che vanno dal 1960 a fine secolo sono stati migliaia i calciatori, noti e meno noti, che hanno legato il loro nome a una maglia, tanto che pronunciandone il nome facilmente associavi la squadra: da Antognoni – Fiorentina a  Wilson della Lazio e così via.

Negli ultimi quindici anni, ad eccezione di una decina di esempi, quali Paolo Maldini, Javier Zanetti e Francesco Totti non si capisce più niente. Calciatori che giurano eterna fedeltà poi cambiano freneticamente squadra.

Così Emiliano Viviano, che è nato a Fiesole, dopo aver dichiarato che indossando la maglia della Fiorentina, squadra per la quale fa il tifo, stava realizzando il suo sogno da bambino, al momento che è stato ceduto al Palermo si è dichiarato tifoso dei rosanero.

Ebbene, Viviano (che è un ottimo portiere) da poco è stato ceduto alla Sampdoria, poteva fare a meno di dichiarare che il suo sogno da bambino è stato sempre quello di giocare a Marassi con la maglia della Sampdoria.

Visto che, fra le altre squadre, ha indossato anche le maglie del Cesena, del Genoa e dell’Inter, squadre per le quali, puntualmente da bambino faceva il tifo, chissà come si emozionerà incontrandole.

Probabilmente Emiliano Viviano incontrando le sue ex squadre non proverà nulla, dal momento che è un professionista serio, ma certe dichiarazioni è meglio non farle perché i tifosi non sono una massa di sciocchi senza cervello e si sentono presi in giro.

Così Mariano Izco, ex capitano del Catania, dopo otto stagioni in casacca rossoazzurra, sollevando la maglia del Chievo Verona, poteva evitare di affermare: «Darò tutto per questa maglia».

Avrebbe fatto meglio a dire “Prometto il massimo impegno affinché la società possa raggiungere gli obiettivi che si prefigge”.

La maglia no, la maglia non va menzionata, rappresenta la bandiera, rappresenta la storia, l’identità di una tifoseria e di una città.

I calciatori vanno capiti: se alcuni di loro sono bamboccioni viziati con poco cervello che all’improvviso si sono trovati beneficiati di un benessere sproporzionato che non riescono nemmeno a gestire, la maggior parte di loro è composta da ragazzi giudiziosi, maturi e professionisti seri.

Il sistema consente ai calciatori di costituire una categoria di privilegiati, ma il sistema rappresenta allo stesso tempo una trappola: quando meno te lo aspetti puoi finire senza lavoro.

Quindi i frenetici trasferimenti dei calciatori alla ricerca delle migliori condizioni economiche possono essere giustificati, ma per favore meglio evitare la banale bugia di giurare eterno amore alla maglia poiché rappresenta la bandiera…Bulgarelli, Riva, Mazzola e Rivera.

Catania, 17 agosto 2014

Tino La Vecchia per Sport Enjoy Project Magazine

( fonte foto google immagini alla voce lettera43.it , it.wikipedia,  sport.it e radiostadio.com)