Aumenta l’incidenza dei tumori soprattutto nel sud del Paese

Il punto sugli ultimi rilevamenti scientifici e le possibili soluzioni future

di Serena d’Arienzo

Risale esattamente a un anno fa l’approvazione da parte della giunta regionale siciliana del Piano straordinario d’interventi per le aree a rischio ambientale. Proposto dall’allora assessore alla Salute Lucia Borsellino, le aree oggetto del provvedimento riguardano territori di diverse province quali le città di Biancavilla (CT), Gela (CL), Milazzo (ME) e Priolo (SR), prevedendo, grazie all’attuazione dell’articolo 5 della legge 5 del 2009, l’attivazione di un Piano di intervento di un milione di euro all’anno per ciascuna Azienda Sanitaria Provinciale coinvolta, al fine di incrementare e consolidare tutte quelle misure votate alla cura e alla prevenzione delle patologie derivate dall’inquinamento e dalle contaminazioni ambientali. Un passo avanti considerevole per la politica sanitaria dell’Isola che per troppi anni ha lasciato inascoltati i moniti di numerosi studi e rilevamenti sull’incidenza in quei territori di patologie tumorali e malformazioni genetiche e che, grazie a questo Piano di interventi straordinario, finalmente, potrebbero trovare una giusta applicazione.

A distanza di un anno, si torna a parlare di questi temi sulla ribalta nazionale, grazie agli esiti dello studio Sentieri, (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento), nelle ultime settimane durante il 35esimo Congresso annuale dell’Associazione italiana di epidemiologi, rilevando l’incidenza di un tasso di mortalità complessivo di circa 1.200 casi l’anno, evidente in particolar modo nei siti contaminati dell’Italia meridionale. Una ricerca che si è avvalsa di evidenze scientifiche raccolte nel corso di ben cinque anni e che ha analizzato i rischi per la salute della popolazione residente in 44 siti, riconosciuti all’indomani dello studio come  inquinati oltre ogni limite di legge. Il tutto sotto il coordinamento dell’Istituto superiore di sanità, in collaborazione con l’Università di Roma Sapienza, il Centro europeo ambiente e salute Oms, il Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio e l’Istituto di fisiologia clinica del Cnr.

Secondo i dati emersi dalla ricerca, sarebbero sei i milioni di persone esposte a rischio malattie e sono in crescita i casi di cancro alla tiroide e tumore alla mammella che possono essere causati da metalli pesanti e ioni radioattivi. Diossina e amianto, ma anche petrolio, piombo, Pcb e mercurio sono tra i fattori che nelle aree prese in esame hanno aumentato il rischio di neoplasie anche del 90% in soli dieci anni, con un indice di mortalità superiore al 15% rispetto alla media regionale.

Dati allarmanti in linea con quanto già previsto dal Piano straordinario della Regione Siciliana, che evidenziava, da un lato, la necessità di una forte prevenzione primaria in ambito sanitario, servendosi anche di strumenti di diagnosi precoce come lo screening prenatale, e dall’altro l’assoluta urgenza, vera chiave di volta del fenomeno, di procedere con un concreto risanamento ambientale. In effetti, è dal 1996 che il Paese attende opere di bonifica, vedendo invece aumentare le morti a causa del crescente inquinamento. Se consideriamo i centri siciliani a vocazione industriale, quali Milazzo, Gela e Priolo, la mortalità riscontrata sarebbe da attribuirsi a esposizioni professionali e territoriali legate ai numerosi impianti e al conseguente inquinamento delle matrici ambientali. E’ interessante notare che lo studio Sentieri ha rilevato come nei poli petrolchimici gli eccessi di morte per cancro ai polmoni e per malattie respiratorie non tumorali sarebbero da ritenere, ma esclusivamente secondo criteri probabilistici, ascrivibili alle contaminazioni ambientali dovute alle emissioni sopra citate. Per cui, il fattore ambientale rappresenterebbe solo uno degli elementi che ha concorso all’insorgenza di tali patologie, nonostante l’aumento in tali zone di decessi per malformazioni congenite, patologie renali, malattie neurologiche e oncologiche.

Di correlazione certa, invece, è il manifestarsi del mesotelioma pleurico in aree con presenza di amianto. Infatti, lo studio dell’Istituto superiore di sanità ha rilevato un evidente rapporto di causalità tra l’agente inquinante e la malattia nei centri contaminati da amianto, la cui tipica manifestazione del tumore maligno della pleura ha raggiunto i 400 casi in eccesso rispetto alle cifre attese. Come nel caso della città etnea di Biancavilla.

Secondo i recenti dati dell’Ufficio di Igiene Pubblica di Adrano, tra il 1998 e il 2015 sono stati registrati a Biancavilla 53 decessi per mesotelioma pleurico, anche se secondo le stime delle autorità locali le vittime dovrebbero essere quasi il doppio se si tiene conto dell’insorgere di altri tipi di patologie. Causa della contaminazione, non sarebbe un inquinamento di tipo industriale, bensì naturale dovuto alle fibre minerali di fluoroedenite, simili all’amianto, diffuse dall’area rocciosa del vicino monte Calvario.

Cause diverse ma ripercussioni ugualmente disastrose, in uno studio che, basandosi su un complesso sistema di analisi delle variabili che generano una malattia, è riuscito a comprendere le migliori strategie da porre in atto al fine di un ottimale risanamento ambientale, in base alle zone d’interesse. Una metodologia scientifica che non è passata inosservata all’Oms, la quale ha ritenuto di applicarla con le stesse finalità a livello europeo.

Intanto verranno avviati i percorsi di prevenzione sanitaria e di recupero ambientale a livello nazionale, a partire dai ministeri della Salute e dell’Ambiente, per poi coinvolgere le Regioni, le Asl, l’Arpa e i Comuni interessati.

Esiti regionali e nazionali, quindi, che riportano sulla stessa questione, ovvero l’importanza delle bonifiche territoriali, imprescindibili per contrastare l’insorgenza di patologie nella popolazione, visto che la contaminazione persiste negli anni. Dunque, l’allarme sanitario non si risolve smantellando le industrie, ma operando per un consapevole risanamento del territorio, agendo in sinergia con le attività di prevenzione e educazione alla salute attuate dalle Aziende Sanitarie.