Il folle turbinio dell’arte

Catania ospita il prestigioso “Museo della Follia”

di Serena d’Arienzo

“Eppure, ve lo assicura la Follia in persona, uno è tanto più felice quanto più la sua Follia è multiforme”. A dirlo è Erasmo da Rotterdam, teologo e umanista olandese vissuto nel XV secolo, noto ai più come autore del saggio l’ “Elogio della Follia”.

La scelta di questa citazione non è casuale, laddove il filosofo fa riferimento alle disparate manifestazioni incarnate dalla pazzia, aprendo in questo modo inediti scenari non relegati semplicemente alla riduttiva insanità mentale, ma facendo risaltare piuttosto le svariate sfaccettature di Follia, sotto forma di eccentrico surrealismo o di stravaganza trasgressiva, di semplice diversità o di desolante alienazione.

E’ su queste gradazioni di alterazione psichica che si fonda la rassegna pittorica itinerante del “Museo della follia”, nato da un’idea di Vittorio Sgarbi e realizzato da Giovanni Lettini, Sara Pallavicini, Stefano Morelli e Cesare Inzerillo, sotto l’organizzazione del Centro Studi & Archivio Ligabue di Parma. Un bizzarro ed esaltante itinerario tra oli, sculture e disegni di Antonio Ligabue, dipinti di Pietro Ghizzardi, installazioni di Cesare Inzerillo e centinaia di opere sulla pazzia create dal 1600 fino ai giorni nostri.

Sono più di duecento i capolavori esposti di Ligabue e Ghizzardi, entrambi operanti in Emilia Romagna e per molto tempo rimasti al di fuori della tradizione figurativa del Novecento italiano. Autori che lo stesso Sgarbi ha definito “due fertili anomalie” dalle poetiche pittoriche “perfettamente complementari”: “I casi straordinari di Antonio Ligabue e di Pietro Ghizzardi costituiscono i due cardini essenziali e terminali del Museo della Follia – spiega Sgarbi – Nel primo una visionarietà lussureggiante che determina la creazione di un mondo originale, popolato solo dagli animali, domestici e selvaggi, oscillando fra l’idillio campestre e una foresta insidiosa, minacciosa. Gli animali della foresta sono proiezioni di una rabbia, di un conflitto con il mondo, risolto soltanto nella pittura. Ghizzardi, per converso, rispecchia la fragile condizione umana, e dipinge uomini e donne, prevalentemente solitari. Una sequenza apparentemente senza fine, con le varianti determinate dalle diverse psicologie, ma con una pietas così profonda da autorizzare l’idea di un nuovo Umanesimo, dolente, accorato, contadino. Lo stato di alterazione psichica di Ghizzardi non determina un’accensione o un’esaltazione, ma una lucidità e una umanissima interpretazione di anime e volti in una galleria di personaggi senza precedenti”.

Un’esperienza coinvolgente e sconvolgente, quella del museo, che non tiene conto soltanto di esternazioni artistiche divenute immortali, ma anche di brandelli di umanità dimenticata. L’incandescente tavolozza cromatica cede il passo al muto e ingombrante grigiore degli ospedali psichiatrici. Una galleria fotografica e documentaria che fa riaffiorare l’orrore e la ghettizzazione di una quotidianità piombata nell’oblio, luoghi dimenticati da Dio e dagli uomini almeno fino al 1978, quando la legge Basaglia ne sancì la chiusura.

Emozioni contrastanti e cocenti riflessioni, tutte in un unico percorso artistico di grande varietà di autori, verace espressione della molteplicità della Follia. Impressioni che lasciano il segno in tutte le tappe toccate dal pellegrinare della mostra sin dal suo debutto nel 2011, sostando a Catania dall’aprile 2016 e prolungando la sua permanenza fino a febbraio 2017, ben oltre il termine previsto.

Tuttavia, della felicità che Erasmo erigeva a tratto peculiare del pazzo, nelle stanze del museo ne riecheggia ben poca. Raramente, infatti, la Follia si consacra come autentica scelta di libertà. Nella maggior parte dei casi, a essere esposte sono piuttosto le tristi facce della stessa medaglia: al contempo, evasione dalle costrizioni della società e castigo imposto dall’umanità meschina.