Catania ricorda Giuseppe Fava a 33 anni dall’omicidio Anche quest’anno la commemorazione del giornalista colpito a morte dalla criminalità
Catania ricorda Giuseppe Fava a 33 anni dall’omicidio
Anche quest’anno la commemorazione del giornalista colpito a morte dalla criminalità
di Serena d’Arienzo
Era la sera del 5 gennaio 1984. Giuseppe Fava lascia la redazione de “I Siciliani”, monta sulla sua Renault 5 e si dirige verso il Teatro Verga di Catania per prendere la nipote che recitava nella pièce “Pensaci, Giacomino!”. Appena sceso dalla vettura, viene freddato da cinque colpi alla nuca.
Dopo 33 anni, ricorre l’anniversario dell’uccisione di uno dei giornalisti e scrittori che, tramite il proprio operato, ha scosso con forza le coscienze e sfidato con coraggio i rappresentanti di Cosa Nostra, pagando con la morte il debito del silenzio. Tuttavia Fava sembra dar fastidio anche dall’altro mondo, tanto che ancora oggi c’è chi vuole impedire che diventi un simbolo dell’antimafia.
Classe 1925, originario di Palazzolo Acreide, dagli anni Cinquanta fino al 1980 è caporedattore dell’ “Espresso sera”. In quegli anni si occupa di teatro, cinema, letteratura e radio fino a cimentarsi nella sceneggiatura di ‘Palermo or Wolfsburg’, pellicola di Werner Schroeter premiata nel 1980 con l’Orso d’Oro al Festival di Berlino e tratta dal terzo romanzo di Fava, ‘Passione di Michele’.
Torna in Sicilia alla direzione del “Giornale del Sud”, testata di denuncia contro le attività di stampo mafioso, anche in connivenza con la politica. E non solo. Lascia la direzione del quotidiano a causa degli stretti legami tra gli imprenditori-editori e la criminalità catanese.
Nel 1982 fonda “I Siciliani”, mensile dal taglio provocatorio le cui inchieste assumono anche rilevanza nazionale. Continua la denuncia delle attività illecite dell’imprenditoria etnea e di altri soggetti legati al clan dei Santapaola.
Sempre più isolato anche dalla classe intellettuale, continua la sua opera accusatoria rilasciando un’intervista a Enzo Biagi, in onda a una settimana dalla sua uccisione:
“Io vorrei che gli italiani sapessero che non è vero che i siciliani sono mafiosi. I siciliani lottano da secoli contro la mafia. I mafiosi stanno in parlamento, i mafiosi sono ministri, i mafiosi sono banchieri, sono quelli che in questo momento sono al vertice della nazione. Nella mafia moderna non ci sono padrini, ci sono grandi vecchi i quali si servono della mafia per accrescere le loro ricchezze, dato questo che spesso viene trascurato. L’uomo politico non cerca attraverso la mafia solo il potere, ma anche la ricchezza personale, perché è dalla ricchezza personale che deriva il potere, che ti permette di avere sempre quei 150mila voti di preferenza. La struttura della nostra politica è questa: chi non ha soldi, 150mila voti di preferenza non riuscirà ad averli mai! I mafiosi non sono quelli che ammazzano, quelli sono gli esecutori. Ad esempio si dice che i fratelli Greco siano i padroni di Palermo, i governatori. Non è vero, sono solo degli esecutori, stanno al posto loro e fanno quello che devono fare. Io ho visto molti funerali di Stato: dico una cosa che credo io e che quindi può anche non essere vera, ma molto spesso gli assassini erano sul palco delle autorità“.
Passeranno molti anni prima che il suo omicidio venga definito come delitto di mafia. Spiega Adriana Laudani, legale della famiglia Fava: “Finalmente dopo 12 anni da quel 5 gennaio del 1984, il pentito Maurizio Avola parla e si accusa dell’omicidio Fava e questo è il punto di svolta. Solo dopo queste dichiarazioni e la condanna, si riapre il caso Fava e si inizia un’azione da parte della Magistratura catanese che nel frattempo, per fortuna, si era rinnovata”.
Nel 1988 vengono condannati Nitto Santapaola come mandante, Aldo Ercolano e Maurizio Avola come esecutori materiali. Santapaola ed Ercolano condannati all’ergastolo mentre Avola ottiene sette anni per patteggiamento.
Secondo il pentito Angelo Siino: “Non può essere stato semplicemente un omicidio di mafia, di questo ne sono certo. Perché al di là degli articoli, Fava ai mafiosi faceva danno sì ma non straordinario. Ne faceva molto di più all’imprenditoria coinvolta e ai politici”.
In memoria di Giuseppe Fava
Nella giornata di ieri, alle 15.30 in Piazza Roma hanno avuto luogo varie manifestazioni commemorative tra cui “Mille passi con Giuseppe Fava”, promossa da “I Siciliani giovani” e “Fondazione Fava”.
Sono ben mille i passi che separano piazza Roma dal luogo dove Pippo Fava è stato assassinato, passi che la cittadinanza catanese ha percorso in silenzio secondo lo spirito che continua ad animare i promotori dell’evento: “il silenzio può gridare più forte di qualsiasi slogan e di qualsiasi parola.”
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