Allenatori si nasce o si diventa?

La carriera del calciatore può essere ricca o avara di soddisfazioni ma in linea di massima, eccezion fatta per qualche calciatore come Francesco Totti, non dura quasi mai più di vent’anni. Appese, come si dice in gergo calcistico le “scarpette al chiodo”, una consistente parte di ex calciatori continua a vivere nel “mondo del pallone”. Qualcuno riesce ad affermarsi in campo dirigenziale, alcuni esempi paradigmatici sono rappresentati da Walter Sabatini, promettente ma sfortunato centrocampista degli anni Settanta che vanta dieci presenze e tante panchine nella Roma, in seguito allenatore delle Giovanili del Perugia, fino della consacrazione come dirigente dell’area tecnica; dal Direttore del Catania Pietro Lo Monaco, prima centrocampista e poi allenatore presso squadre di serie inferiore, infine da Guido Angelozzi, attuale dirigente dell’area tecnica del Sassuolo ed ex centrocampista del Catania e di altre squadre di serie C.
Moltissimi ex calciatori, fra quelli che continuano in prevalenza a vivere di calcio, tentano la carriera di allenatore.
A tal proposito bisogna subito sfatare un luogo comune: non è detto che un ex “campione”, intrapresa la carriera d’allenatore, diventi un tecnico di successo. Si pensi ai continui fallimenti di Marco Tardelli. Ad esempio l’ex calciatore del Milan Brocchi, alla sua prima significativa esperienza di allenatore. stava pilotando, prima di essere esonerato a furore di popolo, il Brescia verso la retrocessione e Rino Gattuso, dopo il disastroso campionato in serie B col Pisa, culminato con l’inevitabile retrocessione, è ritornato nelle Giovanili del Milan. Ci si chiede: ma come può una squadra che milita in serie B come il Pisa segnare appena 23 reti in 42 partite disputate? Evidente che Gattuso, fedele a ciò che faceva in campo, ha curato solo come “distruggere” il gioco degli avversari.
E non è detto che chi non ha mai giocato a calcio ad alti livelli non possa diventare un allenatore di successo, gli esempi più eclatanti corrispondono ai nomi di Sacchi, Zeman e Sarri.
Dunque non è il grande campione che fa il grande allenatore. Certo il nome conta, eccome, basti pensare a Roberto Mancini superpagato e iper valutato, molto di più di quanto abbia fatto vedere come allenatore.
Ma allenatori si nasce o si diventa? Il quesito si presta a una duplice risposta: in diversi casi si è già allenatori in campo, facciamo gli esempi del portoghese Paulo Sousa, di Ancelotti o di Zidane, carismatici e dalle idee ben chiare già da calciatori; in altri casi allenatori si diventa attraverso lo studio, il lavoro, il carattere e lo spirito di sacrificio.
Fatte queste premesse spostiamoci sul nome del nuovo tecnico del Catania, salvo clamorose sorprese: Cristiano Lucarelli. Poco più che quarantenne (compirà quarantadue anni ad ottobre) il livornese Lucarelli è stato un eccellente calciatore.
Innamorato della sua città, assieme al suo procuratore Carlo Pallavicino ha scritto il libro Tenetevi il miliardo nel quale dichiara l’amore sviscerato e l’attaccamento per la squadra della sua città, a tal punto di dimezzarsi lo stipendio, lasciare la serie A e scendere di categoria pur di giocare con il Livorno. Promosso il Livorno nella massima serie Lucarelli con la maglia amaranto ha vinto il titolo di capocannoniere della serie A nella stagione 2004-2005 mettendo a segno 24 reti.
Il 13 luglio del 2007, però, non ha rifiutato un contratto di 3 milioni di euro all’anno per tre anni ed è passato allo Shaktar Donetsk, nella massima serie del campionato ucraino.
Rientrato in Italia, giocherà ancora con il Parma, con il Livorno e infine col Napoli, vestendo per sei volte la maglia azzurra della Nazionale con tre reti all’attivo.
Insomma Lucarelli è stato un calciatore di primissima fascia, ha giocato oltre 557 gare ha segnato in totale 226 reti (120 in serie A), ma nel Catania non dovrà giocare ma dovrà fare l’allenatore. Magari da giocatore, nonostante l’età, avrebbe senz’altro fatto meglio di tanti calciatori.
Il Lucarelli allenatore, fin adesso, ha avuto una carriera molto modesta, basti pensare che ha perso quasi la metà delle partite nelle quali è stato in panchina nei campionati di serie inferiore (96 panchine con 26 vittorie, 25 pareggi e 45 sconfitte).
Quest’anno, prendendo la squadra in corsa, ha guidato il Messina che ha ottenuto una salvezza stentata. La squadra dello stretto non ha brillato in attacco, con Lucarelli in panchina ha segnato 29 reti in 29 partite, non ha brillato in difesa, subendo nello stesso arco di tempo 37 reti, non ha brillato come gioco, ma Lucarelli ha saputo tenere la situazione sempre sotto controllo.
Insomma, visto che Lucarelli non appartiene al genere di «allenatore nato», in quanto come calciatore in campo era troppo istintivo e sanguigno, allenatore di buon livello lo deve ancora diventare, speriamo che Catania possa rappresentare il suo trampolino di lancio. Quindi benvenuto a Lucarelli con la speranza che possa essere giustificato dai tifosi e non contestato al primo insuccesso, con la speranza che i tifosi capiscano in fretta che attualmente ci si deve accontentare di «Ciò che passa il Convento».

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Catania, 7 giugno 2017

Tino La Vecchia per Sport Enjoy Project Magazine
( fonte foto google immagini goal.com )