C’è un po’ di Joker che giace in tutti noi
C’è un po’ di Joker che giace in tutti noi.
di Concetto Sciuto
Il canovaccio ricorda quello di “Un giorno di ordinaria follia”, ma sarebbe riduttivo mettere a confronto il famoso film con Michael Douglas con l’ultima fatica cinematografica di Todd Phillips. Riduttivo perché di potenziali, eziologiche, trame che sottendono la caratterizzazione della follia di Joker, il film ne è pieno zeppo, fino a formare una matassa così fitta che diventa difficoltoso trovarne il bandolo da tirare per sciogliere e decodificarne cause e contenuti. Sarebbe un’anamnesi tanto complessa quanto veritiera, follemente assurda quanto verosimile, perché Joker non esiste come singola storia personale, ma come coacervo di tutti quei drammi familiari di una società immatura che fagocita, emargina ed espella, come fosse una pustola infetta, i più fragili, quelli cui “l’eccessiva” componente umana li ha resi più attaccabili, più esposti alle violenze degli arrampicatori sociali e poi, come naturale reazione, medesime violenze a loro restituite. Joker è una discesa negli inferi non per proprie colpe o castigabili scelte di vita, ma come surrogato di angherie subite e mai elaborate e sedimentate che attecchiscono e germogliano a velocità tripla rispetto a quel buonismo che non riesce proprio ad emergere. Dicevamo che si ritrova di tutto in questo lungometraggio, dal bullismo di strada alle violenze domestiche sui minori con “l’obbligata” incursione nella tv spazzatura, quella dell’usa e getta delle dignità delle persone in nome del totem auditel, fino ad approdare nelle inconciliabili esigenze di un (depauperato) welfare state con le logiche capitalistiche, logiche adornate di oceani di supponenza sostenute da quel glaciale rapporto denaro=potere=solipsismo.
Poi tantissime risate vuote come scatoli di cartone, pesanti come piombo di proiettili, tristi come la lacrima di un vero clown. Perché solo un clown poteva incarnare tutta la rabbia di chi deve far ridere sempre, anche quando il contesto suggerirebbe altro. E così la dicotomia poveri Vs ricchi si fa incolmabile, la caccia all’uomo e agli oggetti da derubare diventa parossistica anche se un poco scontata, il tutto incarnato in quel Joker che voleva solo essere amato, un termine che se fa rima con odiato non lo fa di certo con comunità. Cosa aggiungere di più? Colpevole chi ancora non l’ha visto, perché un po’ di questo Joker sta dentro tutti noi, nei nostri quotidiani tentativi di ribellione, nostro compito sarebbe, o dovrebbe essere, quello di comprenderlo per poi provare a debellarlo, non prima però di aver modificato questa società che, dopo averci sussunti nelle sue nevrotiche dinamiche, ha trasformato l’uomo in mero mezzo e mai come fine.
Per ciò che riguarda tecnicamente il film, ben strutturata la sceneggiatura con scene già entrate nell’immaginario collettivo (subito è diventato luogo cult da visitare la scala della scena del ballo), sinonimo di saper cogliere ciò che la gente ama vedere. Buona la fotografia, i costumi e un impareggiabile Joaquin Phoenix che non credo si esageri affermare che secondo noi “rischia” un Oscar: lo meriterebbe, e il primo ad esserne felice sarebbe proprio il “suo” Joker.
Catania, 26 dicembre 2019
Concetto Sciuto per Sport Enjoy Project Magazine
( fonte foto fumettologica.it )
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