Fabio Pagliara: il futuro del calcio (e del Catania) sarà… “glocal”
Fabio Pagliara: il futuro del calcio (e del Catania) sarà… “glocal”.
di Concetto Sciuto
Promettente giocatore nelle giovanili della pallavolo Catania, che una sorte poco generosa aveva deciso che nella vita dovesse fare altro. Ma il suo legame con lo sport era oramai così forte, che è riuscito a beffare quel destino crudele facendo sì che quel mondo, anche se sotto altri aspetti, ugualmente gli appartenesse per sempre. Un piccolo, ma significativo, incipit per presentare Fabio Pagliara, catanese, oggi segretario generale della FIDAL e da qualche settimana a questa parte in odore di… Calcio Catania.
Raggiunto telefonicamente, ci ha concesso un’interessante intervista che prendendo spunto dalla sua figura di dirigente, e in generale dell’importanza del suo ruolo, progressivamente è spaziata anche su un argomento tanto caro ai tifosi rossazzurri, per poi concludersi sul suo futuro che lo vedrebbe nuovamente protagonista alle falde dell’Etna. Leggendo il suo intenso curriculum, risaltano subito agli occhi i diversi incarichi che ha ricoperto in varie discipline sportive, e proprio da questo suo giocare svariati ruoli sorge la nostra prima curiosità, come quella se fare il dirigente dello sport al Comune di Catania, alla Provincia regionale, il segretario generale della Federazione Italiana Hockey su prato, il segretario generale lega di seria A di pallavolo, per approdare infine all’atletica leggera con la carica di segretario generale, non l’abbiano un tantino “destabilizzato”. Domanda che apprezza tanto e lo si comprende dal suo tono di voce, caloroso e senza indugi, anche se otteniamo una risposta quasi lapalissiana ma che, nella sua semplicità, ci fa anche capire quale possa essere, oggi, una delle cause delle difficoltà gestionali di una società sportiva. Difatti, fondamentale è, secondo Pagliara, che la parte tecnica sia curata dai tecnici, mentre per ciò che riguarda quella organizzativa sia delegato chi ha altre competenze, in sostanza ruolo per ruolo, aggiungiamo noi afferendo a un termine calcistico. Inoltre, questo cambiare realtà gli ha sempre dato una motivazione in più per migliorarsi, l’importante è rispettare un punto fermo: “mai mischiare le competenze, sarebbe deleterio”.
E ci tiene a precisare che questa regola vale anche se un dirigente è un ex atleta, ad esempio come lui, perché uno dei suoi compiti è far sì “che il suo passato sportivo non si mischi a competenze che non lo riguardano”. Definiti in queste prime battute i punti chiave del suo lavoro, che “se svolto così non comporta nessuna destabilizzazione”, ci si sofferma sull’importanza dello sport nell’alveo di una comunità territoriale, perché è appurato, senza timore di smentita, che la crescita del settore sportivo si riflette positivamente nell’ambiente circostante, diventando efficace volano di sviluppo anche economico nella società che ospita e alimenta questa idea di incremento dello sport, qualunque esso sia. Da ciò, come diretta conseguenza, ne deriva che fare il dirigente deve essere una missione e suo primo, improcrastinabile, dovere è quello di mettere tutti nelle migliori condizioni per ottenere i migliori risultati.
Con una metafora calcistica potremmo paragonare il lavoro di un dirigente con il “lavoro sporco e oscuro” del mediano in una squadra, è il primo esempio che ci viene in mente e che proviamo a suggerire al nostro interlocutore, ma qui Pagliara predilige un’altra metafora sportiva che afferisce alla sua esperienza di pallavolista, preferendo paragonare la sua professione a quella del palleggiatore, un ruolo magari meno da protagonista “perché poco importa se il punto poi lo fa un altro, la cosa principale che a vincere, alla fine, sono tutti”. Ritornando al precedente leitmotiv, rapporto sport/società, un altro passaggio significativo dell’intervista è stato il commento, più che positivo, sulla recente approvazione alla Camera della mozione Lupi.
Perché, ci chiarisce il segretario generale della Fidal, “l’importanza di questo voto plebiscitario va colta non tanto nel fatto che il Parlamento abbia recepito, e approvato, i punti della mozione, ma che tutte le forze politiche abbiano compreso l’importanza e le potenzialità dell’atletica leggera, e dunque dello sport in generale, come sistema che non ha né colore, né matrice politica, ma è trasversale”. Una battaglia vinta per lo sport ma che fa bene all’intero sistema Paese.
Sembra chiaro a tutti, replichiamo noi, che i punti della mozione Lupi non erano qualcosa di trascendentale, di certo mai a rischio bocciatura, “ma noi viviamo in una Nazione dove tutto è complicato, e anche la cosa più normale diventa spesso un sogno da raggiungere, e nel nostro Paese anche superare le banalità diventa una difficoltà non da poco dove spesso occorre un intervento del Parlamento” è la secca replica di Pagliara che continuando in questa chiacchierata, e stuzzicato da un’altra nostra domanda ad hoc, ci confida, , “in ogni caso è sempre più facile fare il Presidente di una squadra di calcio che il segretario della FIDAL”. Ebbene sì, dopo averci girato intorno, ci siamo avvicinati all’argomento che più di tutti, in questi giorni, sta a cuore ai tifosi, provando a traslare questo concetto di ricercata “normalità” nel mondo dello sport, nell’odierna situazione del Calcio Catania, ricevendo una risposta che possiamo, e dobbiamo, sintetizzare (per non dilungarci troppo) in un concetto semplice che guarda caso rimarca, con un quid in più, quanto detto fin adesso.
In sostanza, in una società con una piazza così calorosa com’è Catania il presidente non bisogna farlo (e lui non riuscirebbe mai a farlo) come se fosse un tifoso, e nemmeno come fosse un allenatore, così certe pressioni, sommatorie di tante altre, svanirebbero da sole, perché sarebbero ridistribuite nelle varie figure dove ognuno eserciterebbe esclusivamente il proprio ruolo. Anche perché non ci sarebbe tempo per fare altro considerando che il lavoro di manager, oltre verificare i conti, comporta anche il delicato compito di creare un modello di società sportiva più moderna e vincente, che riesca a ricavarsi maggior spazio in quella comunità che la squadra rappresenta, possibilmente con la presenza di un marketing territoriale forte, insomma: “significa svolgere un’attività diversa da quella che si pensi che sia, e da quel poco che si vede la domenica allo stadio”. Diretto, semplice e pragmatico, con delle affermazioni che ci inducono a chiedergli se, a questo punto, sarà Catania a salvare il Calcio Catania, una domanda la cui risposta ci trascina nell’ispido concetto di più trasparenza e chiarezza nel mondo di uno sport, come il calcio, che sta diventando, usando un aggettivo che si descrive da sé: “glocal”. Cioè uno sport in parte globalizzato, e in questo caso una squadra come quella rossazzurra è sicuramente spendibile nel mondo, ma senza dimenticare che, come dice l’altra metà del termine, è un fenomeno anche (fortemente) locale. Un concetto di glocal da applicare, ovviamente, non solo qui alle falde dell’Etna ma che potrebbe essere il futuro del calcio a livello mondiale, e la nostra città non ha nulla da invidiare, con le sue enormi potenzialità, ad altre realtà e potrebbe benissimo rientrare in un modello internazionale, naturalmente non oggi in serie C ma senza mai dimenticare “quanta Catania” c’è sparsa nel mondo. E ritornando al concetto di “local”, di certo in questa città è molto forte “perché il Catania è una fede, anzi, dopo sant’Agata, è la seconda fede per il catanese”.
E qui è enorme la differenza che passa tra tifo e fede, “dove quest’ultima non è mero fatto folcloristico” e ci svela Pagliara di averlo avvertito e compreso lavorando in passato con il Catania, una differenza che la si può comprendere solo se ci si è dentro. Potrà essere solo così che Catania salverà, eventualmente, il Catania, perché senza una forte territorialità, testuali parole: “non se ne esce vivi”.
E così il “dulcis in fundo” è stato servito per una piazza in attesa di concrete novità che tardano ad arrivare, anche perché per adesso di più non ci è dato sapere considerando che la palla, mai metafora più azzecca, è passata agli addetti ai lavori, commercialisti, avvocati, notai, in attesa di conoscere se mai avverrà questo cambio ai vertici della società rossazzurra. A fine dell’intensa chiacchierata, che ha svariato su variegati punti, ringraziamo Fabio Pagliara per il tempo dedicatoci, e riprendendo alcuni passaggi dell’intervista possiamo concludere che una tifoseria, una città, una comunità sparsa in tutto il mondo spera fiduciosa in un nuovo ciclo con mete, ruoli e progetti ben definiti. E se magari stavolta fosse quella giusta per riacquistare un tantino di “glocale normalità”?
Catania, 17 gennaio 2020
Concetto Sciuto per Sport Enjoy Project Magazine
( fonte foto google immagini calciocatania.com )
Questo articolo è stato pubblicato sulla pagina on-line su www.sportenjoyproject.com
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