Partirà, la nave partirà, dove arriverà questo non si sa.

Di Tino La Vecchia

In questo triste momento penso al passato e mi viene in mente la canzone di Sergio Endrigo, poi ritorno al presente, ma non scorgo il futuro.

In più circostanze ho avuto modo di mettere in evidenza come la lingua italiana sia polisemica e per certi versi volutamente ambigua. La nostra lingua, è noto, è figlia della lingua latina che, da classica e riservata ai colti, venne contaminata e poi assorbita dal latino popolare per poi subire, attraverso i secoli, i processi evolutivi tipici di tutte le lingue, in quanto strutture dinamiche e non statiche.

Ma la nostra lingua porta in sé l’eredità dei grandi oratori romani, Cicerone su tutti, secondo i quali, come i sofisti insegnavano, non è importante avere ragione ma dimostrare di averla. Così la lingua italiana è ricca di locuzioni come “zucchero quanto basta” o “quando lo riterrò opportuno”, frasi presenti in maniera copiosa in una categoria di linguaggio definita, con grande intuito, dalla scrittrice Dacia Maraini, «Politichese», termine da lei coniato. Ma se il politichese può essere accettato e tollerato, anche se con fastidio, in momenti di tranquillità sociale, non può più essere tollerato in una situazione drammatica.

Da oltre un mese l’Italia vive in uno stato di angosciosa incertezza. Il coronavirus ha provocato in Italia oltre undicimila morti e, purtroppo, il numero è destinato ad aumentare. Anche a voler accettare la tesi che la maggior parte delle vittime è costituita da persone anziane con malattie plurime e pregresse, c’è almeno un 10% che godeva di buona salute. Oltre un quarto del Paese è sull’orlo di un crollo psicologico con conseguenze drammatiche.

Il Sud, per adesso, è stato risparmiato dall’ecatombe che ha colpito i nostri fratelli della Lombardia.

In Italia, è risaputo, specialmente al Sud, una grossa fascia di popolazione vive di lavoro precario, mettendo quotidianamente in pratica «L’arte di arrangiarsi», arte che vede il nostro Paese primeggiare in Europa in maniera incontrastata. Diventa così paradigmatico, per quanto appartenente al teatro vivente dell’assurdo, il caso di un catanese fermato ai controlli che ha esibito un’autocertificazione sulla quale c’era scritto: «Motivi di lavoro. Posteggiatore abusivo». Mi chiedo come farà a pagare la sanzione.

Pertanto, il popolo italiano non è più in grado di tollerare frasi appartenente allo stile politichese come “Stiamo lavorando per risolvere il problema” “Siamo consapevoli della situazione” “A breve arriveranno gli aiuti sanitari”

Il popolo reclama fatti e li reclamano i medici e gli infermieri che vedono giornalmente morire i loro colleghi schierati in prima fila. Li reclamano i familiari delle vittime, Li reclamano coloro che sono stati privati degli strumenti per mettere in pratica «L’arte di arrangiarsi».

Stiamo attenti, perché se alle parole, in tempi brevissimi, non seguiranno i fatti, qui si rischia davvero la rivolta sociale. Controlliamo i nostri impulsi e cerchiamo di stare calmi a facciamo che ciò non avvenga. È una malaugurata ipotesi, ma non solo un’ipotesi, che dobbiamo scongiurare. E nelle rivoluzioni, la storia ci insegna, le vittime sono molte di più di quelle che farà il coronavirus.

Catania, 29 marzo 2020

Tino La Vecchia per Sport Enjoy Project Magazine

(  fonte foto google immagini filmtv.it )

Questo articolo è stato pubblicato sulla pagina on-line su www.sportenjoyproject.com