Messico, nuvole e sogni. Dopo mezzo secolo, un nuovo 4 a 3
Messico, nuvole e sogni. Dopo mezzo secolo, un nuovo 4 a 3
di Concetto Sciuto
Magari “golden boy” avrà chiuso gli occhi nell’istante che calciò quel pallone in rete decretando, cinquant’anni fa oggi, la nostra vittoria nella partita del secolo. Magari noi tifosi appiccati davanti a una tv a valvole, rigorosamente in bianco e nero che ci rimandava un’approssimata qualità d’immagine, ci abbiamo creduto più degli “antipatici” tedeschi, o magari era scritto nelle stelle che quella notte, per noi, sarebbe stata magica. L’unica cosa certa che qualcosa d’insolito aleggiava in quella partita, e questo lo si percepì dal secondo minuto di recupero quando il loro terzino, che aveva fatto solo tre gol in tutta la sua carriera, e si trovava sotto porta sol perché voleva essere il primo ad uscire dal campo per evitare le invettive dei suoi tifosi, spinse in rete un pallone dimenticato da tutti. Pareggiano loro, bestemmiamo noi, poi vantaggio loro e nuovamente da parte nostra giù l’elenco di tutti i Santi che abitano in paradiso, pareggiamo noi e l’ansia cresceva fino al giubilo per il vantaggio nostro. Ma dicevamo notte insolita e magica, così nuovo pareggio tedesco e…finite le imprecazioni scese il silenzio, fino a quel pallone che rotolava lentamente, quanto beffardamente, alle spalle del portiere tedesco. La partita del secolo fu scritta in quell’istante. E proprio in quello scorrere di minuti e di gol, in quella onirica alternanza di risultati che parimenti ti esaltavano e ti frustravano, abbiamo (ri)costruito il nostro patriottico orgoglio. Un incontro che fu anche spontaneo momento di sfogo di tutte quelle frustrazioni accumulate sin da quel gol coreano di quattro anni prima che ancora gridava vendetta. Una vittoria sudata divenuta, inoltre, occasione di rivincita di migliaia di nostri connazionali emigranti in un contesto lavorativo non idilliaco, quelli di “Pane e cioccolata” giusto per intenderci e ricordarci che lo siamo stati anche noi ospiti in terra straniera, in un non troppo lontano passato. È già trascorso mezzo secolo da quella notte, nel frattempo abbiamo conquistato due mondiali e registrato anche qualche figuraccia di troppo, dieci lustri in cui l’intera società ha cambiato pelle, riferimenti valoriali, tessuto sociale e che nulla più ha in comune con quella statica, tradizionalista e fordista tipica degli anni Settanta. I ragazzi di allora, quelli che possono vantarsi di dire: io c’ero, volenti o nolenti, fanno/facciamo adesso parte integrante di questa trasformazione radicale e profonda, quasi “dadaista”, tipica dell’odierna società con i suoi nuovi riferimenti mobili che la strutturano (o la destrutturano?) incessantemente. Di conseguenza, rimangono pochi punti fermi ancorati al passato, tra questi, nei momenti in cui il morale è in caduta libera, ecco che per risollevarci potremmo ricordarci di quella palla che rotola beffardamente oltre la linea che separa la disperazione dalla speranza, la sconfitta dalla vittoria, l’umiliazione dall’orgoglio. Magari sarà un accostamento azzardato quanto irriverente, ma non crediamo sia solo un caso che mezzo secolo dal quel 4 a 3 anche oggi, dopo aver giocato una partita dal risultato sempre incerto, siamo riusciti ugualmente a sconfiggere un nuovo avversario anche se stavolta invisibile. Una Vittoria che dovrebbe unirci come popolo ancor più di come ci unì, da nord a sud, quella notte messicana fatta di sogni, nuvole e campioni. Non sprechiamola.
Catania, 17 giugno 2020
Concetto Sciuto per Sport Enjoy Project Magazine
( fonte foto google immagini l’adige.it )
Questo articolo è stato pubblicato sulla pagina on-line su www.sportenjoyproject.com
Facebook comments:
Lascia un Commento
Occorre aver fatto il login per inviare un commento