Clementina Speranza, “romanticismo” e coraggio: la mia idea d’imprenditoria
Quindicesima uscita della rubrica ‘Ti dipingo così … A tu per tu, a parlar del più e del meno, con …’ a cura di Concetto Sciuto
Clementina Speranza, “romanticismo” e coraggio: la mia idea d’imprenditoria.
Il piglio è quello giusto, una ragazza che sa bene cosa vuole dalla vita, come ottenerlo e, siamo certi, l’otterrà. Clementina Speranza, giornalista nata a Roma, papà catanese e mamma romana ma con origini liguri-toscane, e forse sarà anche questa geografica miscellanea di luoghi, che ha nel DNA, che l’hanno incoraggiata a inseguire i suoi sogni, a cercare la sua dimensione personale e lavorativa errando tra sud e nord e…viceversa, fino adesso senza soluzione di continuità.
Non ancora giornalista, le sue prime esperienze la vedono nel ruolo di co-conduttrice a Telecolor con Alessandro Vagliasindi nella trasmissione “Dopo gol”, e dopo a Telejonica, sempre nel medesimo ruolo in un’altra trasmissione sportiva, con la diretta televisiva che diventa inevitabile palestra per vincere la prima di tante sfide come, ad esempio, “addomesticare” una naturale timidezza. Poi comincia la spola tra Catania e Milano con una recente mini “reclusione” in Germania durante il lockdown anche se, come ci precisa, per il suo lavoro poco importa dove sei ma…ciò che fai.
In questo (impegnativo) peregrinare ad arricchirsi è stata indubbiamente la sua esperienza, e proprio nella città della Madonnina, appena ottenuto il tesserino di giornalista, nel provare a mettere a frutto gli anni di praticantato e fresca di nomina, fa centro al secondo tentativo e, udite, udite, il giornale è di quelli importanti, tra i più importanti come “Il Corriere della Sera”, rubrica economia, dove si guadagnerà l’appellativo: “La romantica dell’economia”, e se avrete pazienza nel leggere tutta l’intervista vi saranno più chiari i motivi di quest’apparente antinomia.
Un lavoro importante, ci racconta Clementina, che meritava di essere festeggiato sorseggiando un aperitivo con la persona che, più di tutti, aveva creduto in lei: sé stessa. Inoltre, cinque anni come insegnante di giornalismo le hanno conferito quel tasso qualitativo in più in un curriculum già di per sé importante. Una carriera costruita mattone (interviste) su mattone (articoli) e un’infinita passione, come malta, per consolidare ciò che ama di più e lo ama così tanto da finire spesso con il mischiare ferie e lavoro. Conferma di quanto scritto? Ricevere un suo messaggio contenente il link del suo nuovo blog alle 02.23, in sostanza Clementina è una che non stacca mai la spina o forse… nemmeno conosce dove si trova la presa!
Premettiamo che non è stato semplice intervistare una giornalista navigata com’è lei, ma la vera fonte creativa di chi scrive non si può nutrire dalle melmose e chete acque della domanda scontata con risposta ancor più che scontata, ma in quelle agitate, e arricchite, dal sano contradditorio. E la conferma la si ha avuta non appena abbiamo formulato la prima domanda, dove le si chiedeva la differenza tra la donna Clementina e la giornalista Speranza ricevendo un deciso: “Sono sempre e solo io! Perché faccio questo mestiere portandomi dentro una morale, un’etica, le mie esperienze e la mia educazione ricevuta, le due figure si soprappongono perfettamente, forse da giornalista sono un poco più impostata e seria così come mi hanno formato al Corriere, serietà che solo a volte mi ritrovo nella vita privata dove, invece, mi piace tanto scherzare e poi gli articoli che scrivo hanno un mio stile al femminile”.
E orgogliosamente ci racconta come sia riuscita a mettere tanto “romanticismo” nei suoi articoli di economia, dipanando, con la sua narrazione, i dubbi scaturiti nell’ascoltare un’apparente contraddizione. Difatti, i suoi “pezzi” giornalistici non erano strutturati sui freddi numeri, ma era la passione il leitmotiv che amava descrivere di più. Il raccontare, ad esempio, la cura e l’impegno che mette un imprenditore o i suoi dipendenti nel raggiungere insieme i risultati, o come ci si salva da una crisi, o come si fa ricerca su un nuovo prodotto o… perché no? magari ricostruire, orgogliosamente, come si è arrivati a certi importanti risultati. “Ci sono tante storie bellissime da raccontare, come sono nate le aziende e come sono state trasmesse da generazione in generazione, o scaturite dal sogno di un bambino o di un ragazzo, e queste realtà ce l’abbiamo e ce le ammirano nel mondo, e potranno comprare tutto ma non la nostra storia italiana, magari acquisiranno il marchio ma non la storia!”
Una descrizione che, come se la ragazza avesse avuto doti profetiche, anticipa in parte la nostra prossima domanda dove chiediamo cosa significa per lei, oggi, il termine imprenditoria ricevendo una risposta efficace nella sua semplicità e racchiusa in un sol termine incontestabilmente vero: “Coraggio! Imprenditoria, oggi, significa soprattutto avere coraggio nell’affrontare qualsiasi problema, dalle spese giornaliere a tutto il resto, così come hanno avuto coraggio tutti quelli che hanno riaperto dopo la crisi Covid-19. E quando leggo che una azienda ha chiuso io soffro, sto male, sento che questa cosa non mi fa stare bene perché sono molto empatica, perché ho scritto di tante aziende e vedere tutta questa crisi che oggi incombe su chi fa imprenditoria mi fa male dentro”.
Una risposta che ci apre le porte alla madre di tutte le domande: e quanto coraggio ci è voluto per creare e scommettere tutto sul suo blog EMME22?
“Mi ritengo abbastanza coraggiosa, EMME22 era un progetto che doveva nascere tanti mesi fa ed è stato rallentato da tantissime cose, ma era nella mia mente da tanto tempo e finalmente adesso posso dire liberamente: ho una cosa mia, finalmente un progetto tutto mio!”
Per adesso, dunque, nel futuro di Clementina c’è “lei” e il suo progetto “made CS”, un tentativo di mettere a frutto anni di sana e inevitabile gavetta, tutti sintetizzati in questa sua ultima creatura che ha emesso il suo primo vagito forse nel periodo più difficile, ma proprio per questo ancora più sfidante. Una rivista dove sono presenti ben otto sezioni: Moda, Arte e Design, Viaggi, No profit, Food & Beverage, Libri, Salute Wellness & Beauty, Sport. Ma in realtà sono anche di più, per esempio moda comprende anche gioielli. “Desideravo una rivista che rappresentasse me e i miei contenuti… glamour, con approfondimenti e cose interessanti da dire, che fosse anche un po’ appariscente affinché non si dimenticasse facilmente”. Certo il blog ha un impatto visivo non indifferente (vi consigliamo vivamente di dargli più di un “distratto” sguardo), con una home page dove sono dominanti il nero e il grigio e con nove “adamantine” lettere dai colori così sgargianti che diventano oggetto di domanda, e la scelta dell’aggettivo anteposto a “lettere” non è casuale. Difatti, ci spiega Clementina che: “Le lettere hanno un fondo unico ma sono ritagliate da gemme preziose perché nascono dall’idea di rappresentare qualcosa di prezioso, e non perché la rivista si occupa di temi riguardanti anche il lusso, ma perché è lei ad essere preziosa per me!” Parliamo, ovviamente, di un preziosismo morale, affettivo e anche qua…romantico. Poi è la volta di una curiosità che, da siciliani, ci riguarda un tantino più da vicino così le chiediamo: quanto spazio ci sarà per la nostra regione in questo suo variegato blog e, secondo lei, quanti saranno gli imprenditori siciliani che daranno seguito alla richiesta di una sua intervista?
“Ritengo che la Sicilia abbia le potenzialità e le possibilità di raccontare e riempire ognuna di queste sezioni. Ci sono numerose aziende con storie interessanti. Di solito contatto le aziende che hanno qualcosa di unico o innovativo. Può capitare, talvolta, che non siano interessate a raccontare il loro percorso, ma accade di rado, perché in genere gli imprenditori, orgogliosi del loro passato professionale, sono desiderosi di portare la loro testimonianza. Mi ricordo, ad esempio, di Vincenzo Longhitano che, da semplice rappresentante, è diventato un grande imprenditore. La sua azienda produce gadget e nel settore è tra le prime in Europa. Interessante anche la storia di Lucia Pascarelli con il suo ‘Donna Coraly Resort’, location storica dove è stato firmato l’armistizio di Cassibile. La villa e la tenuta, oggi elegantemente ristrutturate, erano della nonna dell’attuale proprietaria che si chiamava, appunto, Coraly. Poi ho raccontato la storia dell’archistar Antonio Iraci e di Cantine Colomba Bianca, le più grandi realtà di vino biologico in Italia, dando voce al Presidente della cooperativa e alla sua squadra. E ho anche presentato Dario Finocchiaro, che ha preso le redini dell’attività aperta dal nonno: Liquori Fichera, brand famoso nel mondo per il ‘Fuoco dell’Etna’, di cui è erede insieme alla sorella e ai cugini. Testimonianze appassionanti, mi piacerebbe che fossero tutti così orgogliosi di raccontarsi! Ho portato gli intervistati in tv, nel mio programma ‘Storia d’Azienda’. Nel 2018, infatti, sono tornata in Sicilia con la proposta di un format televisivo che è stata accolta da Francesco Russo Morosoli, editore di Ultima Tv. Ho così concentrato la mia attenzione sulle aziende siciliane, raccogliendo materiale che mi tornerà utile, adesso, per la mia rivista EMME22”.
Abbiamo ascoltato, in religioso silenzio, tutto questo susseguirsi di nomi e di aziende che fanno l’ossatura economica e identitaria di una regione, come la Sicilia, troppo spesso denigrata e tacciata di vivere di mero clientelismo e assistenzialismo. E ancor meglio è più chiaro il precedente concetto di “romanticismo” legato all’economia che, adesso, ascoltando queste brevi storie, si è svuotato completamente dei precedenti, antinomici, dubbi. Potremmo anche fermarci qua, ma non basta, considerando la passione con cui Clementina ci racconta queste sue esperienze, la curiosità cresce ancor più, e dopo aver sorseggiato un aperitivo si continua, e immancabile, come un acquazzone ad agosto, arriva la domanda provocatoria: quanto l’essere donna ha favorito o ha ostacolato la realizzazione di questo progetto? La replica che riceviamo potremmo annoverarla tra i record mondiali di velocità nella risposta perché, abbondantemente sotto la soglia del secondo, registriamo un perentorio: “Zero!” A cui faceva seguito: “Non mi ha né favorita né ostacolata, ripeto è un progetto tutto mio e basta, compreso il fatto che posso afferire ai miei contatti già consolidati nel tempo grazie ad anni di giornalismo”.
Non avendo nessun dubbio sulla sincerità della sua replica, e cambiando argomento, chiediamo se sarà facile trovare, oggi, chi vorrà mettere la sua medesima passione nel collaborare con lei. Ammette Clementina che, effettivamente, non sarà semplice essere affiancata nel lavoro da collaboratori mossi dal suo stesso spirito intraprendente/stacanovista e che facciano questo mestiere con il medesimo amore con cui lo fa lei: “È vero, è complicato!” Per fortuna, ci tiene a precisare, sa di avere in squadra dei fotografi che sono dei videomaker e che adorano ciò che fanno, mentre nella scelta di chi deve redigere gli articoli delle diverse rubriche si circonda sempre di cooperatori che sposino la sua primitiva idea di fare giornalismo. Quale? le chiediamo anche se, imparando a conoscerla, già intuiamo la risposta. “Il modo all’antica di fare interviste come, ad esempio, prepararsi le domande ma non prima di essersi informato sull’intervistato e sull’azienda, poi registrare e sbobinare, e dopo aver finito il pezzo rileggerlo almeno dieci volte e l’ultima ad alta voce. Perché è azzardato non prepararsi prima, potresti svuotare di contenuti e senso la stessa intervista. Difatti, se conosci bene l’azienda, riesci a tirar fuori più curiosità che potrebbero non venire fuori durante la conversazione, perché devi essere tu a focalizzare l’interesse con le domande giuste focalizzando le tematiche più importanti rendendo l’intervista ancora più interessante. A chi mi collabora spesso do io delle informazioni, o comunque siamo sempre supportati dagli uffici stampa. E tutto questo nasce soprattutto dalla mia esperienza d’insegnate di giornalismo”. Parlando di collaboratori la penultima domanda sembra modellata ad hoc: consiglierebbe oggi ai giovani una carriera giornalistica con tutte le sue evidenti difficoltà?
“Sì, consiglio sempre di seguire le proprie passioni e se sono così forti non scoraggerei mai un giovane! Ricordo che a me dicevano: vuoi fare questo? sì ma guarda che è difficile… Io, ad esempio, non lo direi mai perché, ad una attenta analisi, tutto è difficile, come tutto può essere facile, molto dipende dalla tua tenacia nel perseguire un sogno”.
Poi, giunti quasi alla fine, proviamo a toccare le sensibili corde dei sentimenti chiedendole quanto possa aver inciso il ricordo di un nonno sulle sue scelte professionali. Ed è l’emozione che entra in scena in maniera deflagrante, con una sorprendente dirompenza, e non solo perché non l’ha mai conosciuto, ma perché, ancor peggio, non ha avuto mai la possibilità di conoscerlo e… “Non dico altro!”, chiosa Clementina. Il velo di malinconia che avvolge il suo sguardo ci consiglia di non andare oltre, e sarà la stessa ragazza a raccontarci, spontaneamente, che suo nonno fu ricevuto perfino dalla regina Elisabetta durante un congresso internazionale di geografia. Difatti, era un docente di geografia all’Università e ha redatto pubblicazioni su Persia, Israele, Sicilia e, insieme al più grande vulcanologo dell’epoca, scriveva libri e articoli sull’Etna. Una sorta di Piero Angela ante litteram che sicuramente ha lasciato il segno nella nipote tracciandone, nella sua testa, il futuro lavorativo.
L’ultima domanda rientra nell’alveo delle più classiche, ma forse anche quella dalla risposta più difficile, che si pongono a una donna in carriera: se fosse costretta a scegliere tra il lavoro ed una eventuale famiglia come coniugherebbe i due impegni?
“Non amo scegliere, sono decisa in tutto ciò che faccio e pertanto la risposta sarà uguale a quella della mia prima intervista anche se adesso ho più esperienza pertanto ribadisco: non scelgo, perché si possono avere entrambi, non sarò la prima e ultima giornalista che riesce nel far conciliare il tutto. Si può benissimo avere un compagno, un lavoro e un figlio, anche se su quest’ultimo impegno per adesso, naturalmente, non posso rispondere ma in ogni caso non lascerei mai il mio lavoro che amo tanto!”
E su quest’ultima affermazione Clementina Speranza “scivola” in una comprensibile digressione confidandoci che gli dispiace tantissimo quando parlano male dei giornalisti: “Perché si accomunano tutti quanti, professionisti seri e meno seri, in un unico calderone”. Una calorosa difesa della categoria che avvalora ulteriormente, qualora servisse, come lei crede fermamente nella sua professione e nell’importanza di un mestiere, come quello di chi fa informazione, che dovrebbe avere in sé saldi riferimenti morali ed etici: ma, a tal proposito, da chi avevamo già sentito pronunciare questi due termini?
Catania, 20 agosto 2020
Concetto Sciuto per Sport Enjoy Project Magazine
( fonte foto Nino Carè )
Questo articolo è stato pubblicato sulla pagina on-line su www.sportenjoyproject.com
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