Dal seme del dolore verso una nuova speranza: il Maestro Fabio Raciti dirige lo Stabat Mater di G.B. Pergolesi.

di Concetto Sciuto

Sarà stata la location, l’argomento che ha tratto spunto dalla ricorrenza della Madonna Addolorata, le musiche a tema, la bravura degli artisti ma, fuor di metafora, ciò che, artisticamente, si è vissuto martedì sera, in religioso silenzio nella chiesa di San Biagio in Sant’Agata alla Fornace, ha avuto quasi del metafisico.

Ed è in questo crescente clima surreale che è stato eseguito lo Staber Mater di G.B. Pergolesi alla sequenza in latino del XIII secolo attribuita al francescano Jacopone da Todi, con la direzione affidata alla passione fatta persona incarnata nel Maestro Fabio Raciti che, insieme ai suoi ragazzi, ha rapito l’attenzione dei numerosi (ma ovviamente sempre in un numero ridotto) spettatori.

Un’orchestra d’Archi di quindici elementi, ben calibrata, visibilmente attenta e pronta a tutte le richieste scandite, in punta di bacchetta, dal suo direttore che non fallisce mai un appuntamento, diventando sempre più sicuro riferimento di professionalità e serietà.

Magistrali le voci soliste del Soprano Dominika Zamara e del Mezzosoprano, nel ruolo di Contralto, Patrizia Perricone.

E non ultimo il pubblico, in perfetto distanziamento Covid, che è rimasto letteralmente incollato, silente e rispettoso (assenza di odiosi cellulari compreso) durante tutta l’esecuzione. Tra i presenti ha assistito, dopo un suo breve intervento, anche il dott. Riccardo Tomasello, presidente dei festeggiamenti Agatini.

Il tema trattato è stato dunque il dolore, non uno qualsiasi, ma l’apoteosi del dolore: come quello della madre che vede morire il proprio figlio.

Ma è dalla sofferenza, grande per quanto questa possa essere, come ci ricordava Mons. Leone Calambrogio (Rettore della chiesa) nel suo breve incipit, che può scaturire la speranza, perché è dal seme che muore che rinasce la vita, da tutto ciò che sembra non avere più futuro che si può costruire un radioso domani. Prendendo spunto da queste parole, coniugare e contestualizzare l’evento musicale a ciò che l’intero Pianeta, da sei mesi a questa parte, ha vissuto e sta, purtroppo, ancora vivendo, il passo è stato breve, anzi brevissimo.  Pertanto, una esecuzione adattabile, e sarebbe stato impossibile non farlo, ai dolori patiti da migliaia di famiglie in questi tempi senza tempo, in un ideale parallelismo quasi perfetto con la sequenza, anche se a distanza di sette secoli.

Poi, per placare e superare ataviche paure, e costruire una ponte verso la speranza, in cattedra sono arrivate loro: le note che traducevano questi tormenti in musica con armonie “forti”, stilisticamente coinvolgenti e descrittive di quel passaggio dall’afflizione alla speranza che spesso la vita ci mette nel nostro cammino.

Il tutto diretto dal Maestro Raciti che ha condotto orchestra e soliste verso l’Amen finale donando vitalità alla musica che, nel suo incontestabile potere immaginifico, sembrava farci scorgere la Madre di Cristo piangere.

Una nota a parte meritano le voci da soliste perché, pur avendo già elogiato la loro bravura, possiamo affermare che se non avessero messo cuore e anima nella loro performance, non si sarebbe innestata quell’empatia emozionale tra chi ascoltava e chi eseguiva. E questo è avvenuto in tutte le dodici sequenze qui di seguito elencate: Stabat Mater dolorosa, Cujus animam gementem, o quam trists et afflicta, Quae moerebat et dolebat, Quis est homo, Vidit suum dulcem natum, Eja Mater fons amoris, Fac, ut ardeat cor meum, Sancta Mater, istud agas, Fac ut portem Christi mortem, Inflammatus et accensus, Quando Quando corpus morietur.

Naturale conseguenza di questa artistica osmosi tra orchestra e pubblico, sono state le variegate, palpabili, emozioni che si potevano leggere negli occhi (e solo in quelli per ovvi motivi) dei presenti.

Molteplici sensazioni tutte risalenti, ne siamo certi, ad unica radice: come quella di vincere l’angoscia del male, amara fonte di sofferenze e di dolori, sentimenti che oggi proviamo a celare dentro una mascherina che, nel proteggerci, rischia però di occultare non solo inalienabili espressioni di vita, ma l’anima di ognuno di noi.

Catania, 17 settembre 2020

Concetto Sciuto per Sport Enjoy Project Magazine

( fonte foto Concetto Sciuto per Sport Enjoy Project Magazine )

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