Eddie Van Hallen e il suo ultimo… “Jump”
Eddie Van Hallen e il suo ultimo… “Jump”.
di Concetto Sciuto ed Ignazio Schirone
In pochi avevano considerato l’ipotesi che un altro grande del Rock ci lasciasse così presto ancora più orfani di quanto non lo fossimo già, e ancora meno ne avevano percepito il sentore che ciò potesse accadere. Così, a poco meno di un mese di distanza, dopo aver celebrato i primi cinquant’anni anni senza Jimi Hendrix, la nostra generazione, quella degli anni d’oro musicalmente parlando, in una mite sera di ottobre, riceve l’ennesimo duro colpo. E questo colpo, stavolta, è sordo, potente ed affonda così tanto da metterci quasi in KO: noi, quelli approdati da poco più di un decennio negli “anta”, non avendo vissuto in prima persona la notizia della morte di altre grandi rockstar degli anni Sessanta e Settanta, come quella di Jimmy Hendrix o di Janis Joplin, non eravamo abituati e preparati a questo genere di notizie. Allora eravamo troppo bambini per comprendere il dolore che possono provare i fan per la scomparsa di artisti di tale spessore, solo una labile traccia è rimasta impressa nella nostra memoria.
Stavola no purtroppo, adesso si è abbastanza adulti per annoverare questo giorno come una di quelle date che, a livello artistico, ti segnano per sempre, così come lo è stato per la precedente generazione.
Abbiamo coltivato sogni e speranze nelle nostre camerette, con le cuffie attaccate alle orecchie, in compagnia dei loro poster patinati e incollati alle ante dell’armadio o sulle pareti. E lì, nel chiuso di quei pochi metri quadrati, immaginavamo di essere sotto il palco, a ballare e cantare a squarciagola sulle note di gruppi rock che erano i nostri miti in assoluto.
Uno di questi era proprio la band di Eddie Van Hallen, che l’altra sera, improvvisamente, ci ha lasciato più soli, più vecchi, più stanchi, perché un altro brandello di spensieratezza è andato via insieme al chitarrista dal grande sorriso che contagiava tutti con la sua gioia e la sua serenità. Un faro per tanti ragazzi che si sono ispirati a lui, facendo non pochi proseliti n questo abbacinante mondo che è la musica Rock.
Indispensabile Amarcord a parte, adesso un po’ di storia per comprendere meglio chi fosse questa leggenda vivente.
Edward Lodewijk Van Halen, detto Eddie, nasce o a Nimega il 26 Gennaio del 1955 ed è figlio di immigrati olandesi e giavanesi, a sette anni, insieme alla sua famiglia, si traferisce a Pasadena negli USA. Possiamo affermare che è il classico figlio d’arte, difatti il padre, Jan Van Hallen, è un sassofonista e clanirettista jazz di Amsterdam. Anche se fin da piccolo coltiva la passione per il calcio, ben presto scopre la sua vera strada artistica iniziando a suonare pianoforte e batteria per poi passare, definitivamente, alla sei corde elettrica.
I riferimenti musicali per il piccolo Eddie e suo fratello erano, in quel periodo di profondi mutamenti, quanto di meglio potesse offrire il panorama mondiale della musica Rock, “nutrendosi” della musica di artisti come i Beatles e i Led Zeppelin.
E il suo primo passo importante lo compirà nel 1972 quando decise di formare la sua prima band con il fratello Alex alla batteria e lui alla chitarra. La scelta del nome della band non fu un problema, il loro cognome fu più che sufficiente: “I Van Hallen”, e alla fine degli anni 70 si unì a loro anche il bassista Michael Anthony e il Cantante David Lee Roth.
Ottenuti i primi successi, e di conseguenza una non trascurabile notorietà nel panorama musicale di Los Angeles suonando frequentemente in famosissimi Club come il “Whisky a Go Go”, nel 1977 stipularono il loro primo contratto con la “Warner Records” e l’album d’esordio sarà intitolato… Van Hallen. E già, sulla scelta dei nomi possiamo dire che in fantasia difettarono non poco, ma non importa, reiterato cognome a parte, iniziarono la scalata fino a giungere alle vette delle classifiche americane con celebri brani come “Ain’t Talkin Bout Love”, la cover di “You really got me” con il famosissimo brano strumentale “Eruption” che la introduce.
Si consacreranno a livello internazionale qualche anno dopo, conquistando il Disco di Platino dal titolo “1984” pubblicato proprio nell’estate del medesimo anno. Un album che contiene brani di enorme successo discografico, divenute pietre miliari della musica Rock, come “Jump”, “Panama” e “Hot for Teacher”.
Oltre ad ottenere un meritato successo con la sua band, Eddie Van Hallen divenne ben presto una icona mondiale e inamovibile punto di riferimento per migliaia di giovani chitarristi.
Il suo stile, decisamente innovativo, introdusse la tecnica del “Tapping” nell’esecuzione degli assoli, tecnica che ben presto sarà consacrata come modello di esecuzione chitarristica tanto da essere tuttora studiata nelle scuole musicali a livello planetario.
Leggenda vuole che Eddie abbia preso ispirazione dall’assolo centrale del brano “Heartbreaker” dei “Led Zeppelin”. Si appassionò a tal punto a questa esecuzione che desiderava interpretarlo nel medesimo stile del grande Page, senza però riuscire ad essere veloce e legato come lui.
S’inventò, pertanto, la strategia del “Tapping” e l’innovazione diventò, anch’essa, materia di studio per le future generazioni di chitarristi.
Altra curiosità non meno importante riguarda la sua mitica chitarra elettrica, diventata leggendaria con il nome di Frankenstrat, nome che si rifà, in parte, alla creatura del romanzo di Mary Shelley, considerando che è uno strumento nato dall’assemblaggio di pezzi presi da diverse chitarre, che poi hanno dato vita ad un unico strumento con un suono inconfondibile. E in parte si rifà anche alla Stratocaster, mitica chitarra elettrica prodotta dalla, ancora più mitica, Fender.
Suscitò non poco interesse pure l’estetica della Frankenstrat che, pur cambiando colore negli anni, resta inconfondibile strumento con le sue strisce bianche e nere ad incrocio su un fondo rosso.
Un aneddoto racconta che al funerale del suo amico Dimebag Darrell, chitarrista dei “Pantera”, compose e suonò un assolo in sua memoria seppellendo, nella bara, la chitarra da lui usata, la stessa impressa sulla copertina dell’album Van Hallen II, quella con il famoso fondo giallo e strisce nere che così tanto piaceva al suo amico scomparso.
Numerosissime furono le sue collaborazioni con grandi artisti di fama internazionale, tra tutte la più famosa rimane quella con Michael Jackson per il quale incise l’assolo del celeberrimo brano “Beat It”.
L’ennesima leggenda, stavolta riguardo proprio questo assolo, narra che molti anni dopo, in uno studio di registrazione, ascoltando Jennifer Batten, mitica turnista di Michael Jackson, mentre eseguiva questo assolo durante una prova, a fine esecuzione Eddie, avvicinandosi alla ragazza, le chiese di mostrargli alcuni passaggi, ammettendo, con grande umiltà, che col tempo la sua memoria cominciava a giocargli qualche brutto scherzo.
Non sappiamo quanto ci sia di vero in questo aneddoto, ma di certo nella vita privata, così come in quella artistica, la modestia, la simpatia e l’ironia furono i suoi tratti distintivi. A questi pregi possiamo aggiungere, senza ombra di smentita, il suo contaminante sorriso, l’indomita vitalità e quell’allegria che trasmetteva durante le sue performance dal vivo con le quali, con la potenza di un fiume in piena, riusciva a raggiungere, coinvolgere e… “sconvolgere”, quasi in egual misura, lo spettatore televisivo come quello delirante sotto il palco.
Ci restano di lui, insieme a capolavori come “Eruption” e “Spanish Fly”, il suo modo irriverente e sbarazzino di suonare con cui riusciva a far sembrare semplici anche le più difficili esecuzioni.
Ma ci resta, purtroppo, anche il dolore di migliaia di fan che in tutto il mondo oggi lo piangono, soprattutto i ragazzi degli anni Ottanta che guardando il video del brano “Panama” saturavano di colori le loro grigie domeniche.
Inoltre, resterà a tutti noi, che ci siamo deliziati ammirando le sue performance, quella strana sensazione di librarci in volo trasmessa dalla sua musica, mentre lui, probabilmente, starà già volando davvero e già immaginiamo di vederlo saltare ancora una volta per l’ultimo “Jump” ma stavolta dal palco al Paradiso, soltanto dopo aver eseguito un conclusivo assolo.
Catania, 9 ottobre 2020
Concetto Sciuto ed Ignazio Schirone per Sport Enjoy Project Magazine
( fonte foto google immagini Paul Natkin Getty images )
Questo articolo è stato pubblicato sulla pagina on-line su www.sportenjoyproject.com
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