Dott. Montineri, Ospedale San Marco di Catania: il nostro impegno per riportare la Sicilia in… “giallo”.

di Concetto Sciuto

Si spera che sarete d’accordo nell’ammettere quanto possa essere antipatico, in questi mesi di pandemia, ascoltare e leggere abusate espressioni come: “da stasera inizia il coprifuoco”, “è come se fossimo in guerra”, “c’è un nemico da combattere” e tutto quel rifarsi ad altri termini simili dall’esagerato sapore militaresco.

Tuttavia, anche noi, se pur restii al loro uso, non riusciamo a trovare una espressione migliore di: “oggi si va in prima linea” perché, stavolta, ci siamo andati davvero.

Difatti, obliterate le notizie diffuse dall’incorporeo universo dei social,  dissacrato e dissacrante anche a causa di decine di fake news che ne inondano i contenuti , messe da parte noiose frasi come “ho sentito dire che…“ o l’equivalente “ho letto un post che diceva che…” abbiamo preferito recarci sul fronte più avanzato (e l’ennesimo uso semantico del termine bellico giuriamo che, anche stavolta, ci sta proprio tutto) per chiedere gli ultimi aggiornamenti a chi, quotidianamente, gestisce i deleteri effetti di questo odioso virus.

L’ospedale è il San Marco di Catania, riferimento da mesi per tutta la provincia etnea nel fronteggiare i malati di Covid-19 e che purtroppo ospita, in questo momento, ben centoventi ricoverati: un “sold out” di cui nessuno è contento.

Entrati in auto nel piazzale antistante l’edificio principale e, soprattutto, rimasti distanti dall’ingresso che conduce ai reparti, quasi in punta di piedi, e con tanto di ffp2, ci avviciniamo al nostro interlocutore. Timore di rimanere anche noi contagiati?

Anche, ma più che altro per rispetto e non disturbare più di tanto chi da mesi e mesi lotta, a volte perfino “a mani nude”, contro… il virus? non solo quello, “Lui” oramai c’è e fa parte di un fenomeno chiamato evento naturale, invece davvero non vorremmo distrarre troppo chi deve adattarsi quotidianamente a un lavoro dove le (nuove) regole le stanno imparando working in progress.

Pertanto, ad attenderci nel piazzale è il dottore Arturo Montineri, Direttore dell’Unità Operativa Malattie Infettive della medesima struttura sanitaria, e per non depauperare troppo tempo al suo dovere, poniamo al Primario solo quattro domande con le quali speriamo si possano colmare alcune nostre lecite curiosità in quel mare magnum, come dicevamo, di disinformazione che circola tra rete e chiacchiere da sale d’attesa, considerando i bar non più fruibili luoghi d’incontro. Così diventa quasi inevitabile la prima domanda:

Dottore, siamo ritornati ai numeri di marzo, qual è stato il peccato originale?

“Ci tengo a precisare che non è corretto parlare solo di Sicilia o Italia ma spossiamo parlare di Europa, e se noi andiamo a vedere le curve epidemiologiche che sono pubblicate sul sito dell’OMS l’andamento dell’epidemia è descritta con una curva di colore verde dove si noterà  un avvallamento centrale e questo grazie alle politiche di lockdown, cosa che non si è riscontrata nell’andamento della curva degli Stati Uniti e dell’America Latina che è stata sempre in progressiva ascesa perché questi paesi non hanno fatto la medesima politica del lockdown. Bene, quello è stato il momento in cui abbiamo perso l’occasione di mantenere questo vantaggio. Perché, anche se in seguito sono state date delle disposizioni da seguire, dove in alcuni posti sono stati molto bravi nel rispettarle, tipo le palestre, i ristoranti, i parrucchieri, anche grazie a un consistente dispendio di risorse economiche, e difatti non ho sentito di focali in questi luoghi, il vero problema è stato ciò che è successo fuori. Purtroppo, in molti non hanno mantenuto queste precauzioni, anzi ricordo di pericolosi assembramenti come se le persone dovessero recuperare tutto ciò che non avevano fatto durante il periodo del lockdown. In pratica è come ci fosse stato una sorta di rimbalzo comportamentale, e tutti ci ricordiamo i video di ciò che sto dicendo, e attrezzarsi a seguito di quelle disposizioni purtroppo non è bastato, ma questo è stato, mi ripeto, un problema comportamentale europeo”.

Una risposta, da parte del Primario, che altro non è che una conferma di ciò che tutti già immaginavamo, una motivazione impacchettata e adornata da un fiocco chiamato “pressappochismo” pagato, oggi, anche da chi colpe non ha. In pratica, non abbiamo saputo gestire una quasi vittoria, dilapidando un capitale accumulato con enormi sacrifici economici e in termini di riduzione di libertà. Purtroppo, non c’è tempo per ampollosi commenti e velocemente si prosegue con la seconda curiosità, stavolta un tantino più tecnica chiedendo perché si sia passati da ventuno a quattordici fino a dieci giorni come periodo in cui si rimane potenzialmente infettivi: è mutato qualcosa nel frattempo?

“I dati ci hanno mostrato che i pazienti che hanno avuto la fase sintomatica, e dopo rimangono asintomatici, spesso il loro tampone dà un esito positivo anche se non c’è una carica virale significativa così importante nella capacità di trasmettere una infezione, oppure potrebbero essere dei frammenti di virus di RNA che vengono trovati dalla tecnica di amplificazione, ma in realtà non rappresentano un rischio. In sintesi: si è visto che in un paziente asintomatico, che ha una storia di una malattia superiore ai dieci giorni, un singolo tampone negativo è sufficiente a farlo definire non contagioso. Si è anche visto che soggetti che hanno avuto una storia di una malattia più ampia di ventuno giorni che adesso sono anche loro clinicamente asintomatici, ma che mantengono uno stato di positività anche debole al tampone, se si fa un corretto ragionamento clinico e virologico questi pazienti possono anche essere considerati non contagiosi ma questo, ripeto, passa da una valutazione clinica.  Il tutto grazie anche al fatto che adesso i dati sono più numerosi e più significati rispetti al passato. L’evidenza scientifica in campo medico è data da questo: perché non sono le ipotesi che fanno l’evidenza ma è lo studio di ciò che è successo.”

Afferendo all’autorità del delicato ruolo giocato dal nostro intervistato, si spera si possa ottenere, con la domanda successiva, una risposta che giustifichi, o meno, le recenti scelte politiche: secondo lei è corretto che la Sicilia sia stata relegata in fascia arancione?

La risposta non è quella che ci auguravamo che fosse, e in fondo possiamo comprenderne il motivo, ma ugualmente non rimaniamo delusi dall’aver “glissato” la componente politica anche perché la replica del Primario è di una semplicità e schiettezza disarmante, incontestabile e, cosa più importante, auspicabile: “Io direi solamente che faremo di tutto, ed è una promessa, affinché la Sicilia ritorni prima possibile in fascia gialla!”

Crediamo che queste parole siano più che sufficienti e riflettendoci, anche non troppo, non è una affermazione buttata lì giusto per eludere la domanda, non fosse altro che è sostenuta da un tono deciso di voce che ben ci fa sperare, non tanto per riottenere il diritto di usufruire di qualche ludica libertà ma perché di quei 120 pazienti ricoverati si possa, prima possibile, scrivere solo la terza cifra.

E sull’onda lunga di chi crede fermamente nell’efficace dell’azione del suo lavoro e della sua equipe gli chiediamo per ultimo: se lei potesse chiedere al Ministro della Salute tre cose cosa chiederebbe?

“Personale medico e infermieristico, subito!”

Ascoltare questa richiesta, dopo una frettolosa disanima, erroneamente la potremmo catalogarla tra quelle più scontate non facendo nemmeno caso che, il dottore Montineri, non ha formulato nemmeno l’ipotetico terzo desidero perché già si accontenterebbe di questi primi due. Da ciò deduciamo quanto possa essere veramente carente il personale medico e paramedico, soprattutto dopo gli effetti “Quota Cento” che ha svuotato una categoria già di per sé asfittica e di conseguenza: cosa si pensava occorresse per una emergenza di tale portata? Più mascherine che nemmeno sappiamo indossare correttamente? O più attrezzature che, miracolosamente, funzionassero da sole? Poi, giusto un veloce saluto con una “stretta di gomito”, e un nostro sincero grazie per il tempo dedicatoci, è tutto ciò che ci è concesso, perché la fretta di tornare in prima linea è troppa e diventa complicato anche il distrarsi per una breve intervista, il già sottile limen tra la vita e la morte si assottiglia sempre più e perdere tempo è un lusso che nessuno si può permettere. Loro per primi.

Catania, 7 novembre 2020

Concetto Sciuto per Sport Enjoy Project Magazine

( fonte foto Concetto Sciuto per Sport Enjoy Project Magazine )

Questo articlo è stato pubblicato sulla pagina on-line su www.sportenjoyproject.com